Il 20 luglio 1998: una data triste, ma doverosa da ricordare.
È uno dei tanti, troppi giorni in cui delle vite innocenti sono state brutalmente stroncate dal violento braccio armato della criminalità.
Salvatore De Falco, Rosario Flaminio e Alberto Vallefuoco sono tre ragazzi qualunque, tre operai che frequentavano un corso di formazione presso il Pastificio Russo in Via Nazionale delle Puglie a Casalnuovo di Napoli.
Durante l’ora di spacco erano soliti recarsi in un bar, situato nei pressi del pastificio ed è proprio lì che sono stati giustiziati come dei camorristi, loro che con la malavita organizzata non avevano nulla da spartire. I giovani stavano per entrare in macchina quando tre sicari a bordo di una “Lancia Y” con in pugno revolver e kalashnikov ed il volto coperto da cappucci, sparano circa quaranta colpi uccidendo all’istante i tre giovani e ferendo di striscio la cassiera. A carico delle tre vittime non figura nessuna segnalazione, nessun precedente, nessun elemento i grado di accostare i tre alle attività criminali di un clan. Gli investigatori subito ipotizzano che si sia trattato di un clamoroso errore: i tre ragazzi sono stati scambiati per appartenenti ad un clan rivale a quello dei killer. Per questo triplice omicidio sono stati condannati all’ergastolo Modestino Cirella, Giovanni Musone, Pasquale Cirillo, Pasquale Pelliccia e Cuono Piccolo come mandanti ed esecutori. Un errore clamoroso, l’ennesimo da parte dei cecchini di un clan, costato la vita a giovani innocenti.
Da allora il papà di Alberto, Bruno Vallefuoco è tra i familiari delle vittime innocenti della criminalità più attivi sul fronte sociale; perno portante del Coordinamento che tiene vivo il nome, il ricordo e il messaggio intriso nei nomi delle vite estranee alle logiche criminali, trucidate dalla ferocia della camorra e che portano avanti plurime iniziative: dalla testimonianza tra i giovani campani, organizzando incontri presso le scuole e le realtà associative, a manifestazioni ed eventi di vario genere che hanno il duplice intento di “fare rete” consolidando il sentimento di reciproca solidarietà tra i familiari delle vittime innocenti della criminalità e da parte della cittadinanza attiva nei confronti di questi ultimi e, al contempo, commemorare le vittime stesse.
“Mio figlio e i suoi amici non si trovavano al posto sbagliato al momento sbagliato – come molti sostengono, sono “loro”, quelli che li hanno uccisi, che si trovavano al posto sbagliato al momento sbagliato. Sono loro che se ne devono andare”: affermò nel corso di un’intervista il papà di Alberto, Bruno Vallefuoco.