Truffa allo Stato, frode, evasione fiscale: qualunque modo si voglia chiamare questa faccenda sporca, la cosa certa è che è un male italiano che ruba miliardi di euro, diventato una tradizione alla stregua di un appuntamento televisivo.
Ieri le Fiamme Gialle hanno denunciato 32 persone affiliate a un’associazione a delinquere con base a Napoli per frode: l’intervento è il risultato dell’operazione “VIP” condotta dal Procuratore aggiunto della Repubblica di Napoli Fausto Zuccarelli, responsabile anche dell’area antiterrorismo della Procura. Le cifre stellari e il sistema per raggirare il fisco a “scatola cinese” fanno di questa storia quasi uno soggetto da degno film hollywoodiano.
Tra il 2009 e il 2013 tre uomini napoletani trovarono un modo per guadagnare molto, moltissimo, e in tempi tutto sommato rapidi, poco importa se si trattava di violare la legge: Vincenzo Porpora, di 44 anni, Francesco Cammarota, di 41, e Salvatore Sovereto, quasi sessantenne. Si sarebbero poi aggiunte 29 persone a questo sistema definito “Carosello”, collaudato tra la Campania e il Lazio. Il buon vecchio programma tv era un contenitore di sketch misti, pubblicità e rubriche; quell’altro invece denaro sporco, smartphone, tablet, computer e ogni altro oggetto informatico su cui speculare, venduti a bassissimo costo.
L’apparato fraudolento, complesso quanto uno del corpo umano, digeriva i soldi in tre fasi corrispondenti ad altrettanti livelli, organizzati in società attive e “di schermo” che ricoprivano specifici ruoli per depistare i controlli e far circolare i proventi ai vari membri criminali.
Nel primo livello sussistevano le “società cartiere” che non presentavano le dovute dichiarazioni tributarie né pagavano all’erario le imposte, intestate a cosiddette “teste di legno” impegnate a contabilizzare i beni da vendere senza calcolare l’IVA. I responsabili potevano evadere l’imposta facendo ricorso ad acquisti presso fornitori comunitari, in quei paesi ove erano neutrali all’IVA ma non in Italia.
Proseguendo nel secondo livello, le operazioni sono focalizzate nelle lettere d’intento, ossia dichiarazioni da parte degli esportatori abituali che devono segnalare all’Agenzia delle Entrate il proprio volume d’affari anno per anno.
Queste documentazioni erano fasulle, dal momento che gli acquisti senza IVA o le cessioni inter-comunitarie delle “teste di legno” non avevano il plafond opportuno –ovvero un limite mensile o annuale su un’attività finanziaria- per legittimare suddetti movimenti di beni e moneta.
Nell’ultimo step le società cartiere passavano all’acquisto dei beni con l’IVA aggiunta e applicavano poi un sovrapprezzo un poco più alto sul prezzo di acquisto, così da guadagnarci sia dall’ottenimento dei prodotti senza le tasse sia con la vendita a costo maggiorato nei negozi. A complicare il lavoro degli investigatori ci pensavano le aziende di “schermo” che presentavano una contabilità regolare, nascondendo la rete illegale di circoli e organi irrogati di contante.
In tutto il danno erariale ammonta a 31 milioni di euro, che salgono fino a 48,5 con il sequestro preventivo di immobili, veicoli e conti correnti degli indagati, in gran parte nata a Napoli, Salerno o Roma.
Questo è solo un episodio: altre organizzazioni criminali, imprenditori e legali, camorristi, politici e cantanti escogitano modi perfino creativi per sfuggire alla morsa del fisco; scampare al morso significa però stringerlo ai milioni di cittadini onesti, costretti a ricorrere a mutui e ipoteche per superare l’ennesimo mese dell’anno.