Giornata di sangue, terrore ed orrore lungo la Cosa D’Avorio.
Nel primo pomeriggio due uomini armati di kalashnikov e granate hanno aperto il fuoco sulla spiaggia e all’interno del complesso Coral Beach di proprietà di un americano e dell’Hotel Etoile du sud, siti molto frequentati dai turisti locali e stranieri.
Secondo quanto riferisce un testimone all’Afp gli assalitori erano «pesantemente armati e indossavano passamontagna».
Mentre, stando alle prime indiscrezioni fin qui trapelate, i due artefici dell’attentato sarebbero ancora in fuga, la polizia ivoriana parla, in un primo bilancio, di 12 morti, tra cui 4 europei. La Farnesina si sta attivando per appurare l’eventuale presenza di italiani tra le vittime.
Le prime immagini, non verificate, apparse su Twitter ritraggono corpi trucidati, riversi sulla spiaggia in una pozza di sangue e in altri scatti si possono vedere alcuni turisti feriti.
Secondo una prima ricostruzione, i killer si sono infiltrati nel complesso arrivando via a mare a bordo di una imbarcazione ed avrebbero agito in punti diversi per aumentare l’effetto della loro azione. Alcuni testimoni parlano di un assalto al bar dell’hotel. Inoltre, molti dei presenti sono stati falciati dalle raffiche dei criminali che, secondo alcuni testimoni, gridavano «Allah Akbar», Dio è grande. Parecchi dunque le suggestioni e i dettagli che ricordano le modalità dell’assalto e del massacro della spiaggia di Sousse in Tunisia, il 26 giugno.
Non appena si è diffusa la notizia dell’attacco, le autorità hanno fatto affluire soldati e agenti. La zona è stata circondata e isolata nel timore che i killer potessero cercare di spostarsi verso l’interno. E successivamente sarebbe scoppiata una sparatoria tra i militari e gli uomini armati. Tutto in un clima di grande incertezza: c’è chi inizialmente ha parlato di un’azione criminale e chi, invece, di un gesto terroristico simile a quelli visti in altri paesi della regione. Episodi dove commando di militanti hanno aperto il fuoco per poi occupare gli edifici con l’intento di fare prigionieri e creare il maggior danno possibile.
In passato formazioni di ispirazione qaedista hanno preso di mira diversi hotel o locali usati da stranieri. E’ avvenuto in Mali, poi in Burkina Faso.
Operazioni rivendicate da gruppi ispirati da Mokhtar Belmokhtar, un leader jihadista sulla cui sorte sono circolate spesso voci contrastanti. Dato per morto, è poi riapparso coordinando – secondo alcune fonti – le attività dei mujaheddin.
È evidente che i terroristi hanno deciso di proseguire su un sentiero di lotta ben definito, un modus operandi che ha messo d’accordo movimenti rivali, come Al Qaeda e lo Stato Islamico.
Questi i punti:
1) I bersagli: ritrovi frequentati da occidentali e locali, dagli alberghi ai semplici bar
2) La tattica: azioni condotte da nuclei che sfruttano possibili complicità e che vogliono provocare il maggior danno possibile.
3) Attacchi nei paesi che aiutano la Francia e gli USA nella lotta all’islamismo radicale o ospitano installazioni militari.
4) Tentativi di mettere in crisi gli apparati di difesa dimostrando di poter colpire impunemente e lungo un arco molto ampio.