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Le trivelle in mare inquinano: il rapporto di Greenpeace

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
6 Marzo, 2016
in In evidenza, News
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Le trivelle in mare inquinano: il rapporto di Greenpeace
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Il 2015 di Greenpeace, un anno di azioni in difesa del PianetaMatteo Renzi non riesce a evitare il referendum sul petrolio: il quesito sulle estrazioni in mare ha motivo di svolgersi. Lo stabilisce l’ordinanza che la Cassazione ha adottato alla luce delle modifiche volute dal Governo e approvate dal Parlamento nella legge di stabilità prima della pausa natalizia. Questo prova che i dubbi che il Coordinamento Nazionale No Triv nutriva sulle reali intenzioni del Governo sul mare fossero fondati.

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E ora a tenere banco è la battaglia anche sui quesiti referendari di fatto respinti dalla Cassazione. L’obiettivo finale è ottenere che la Corte Costituzionale bocci le modifiche apportate dal Parlamento sulle norme in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi.

Una questione che riguarda non solo ‘Ombrina mare’, attività di ricerca e trivellazioni al largo dell’Abruzzo sospesa dal governo solo per un anno e comunque fino al rilascio della concessione ancora mancante.

“Un bluff”, sottolineano dal comitato ‘No triv’. Il referendum sulle trivellazioni in mare, anche entro le 12 miglia dalla costa, riguarda anche altri progetti al largo dell’Emilia Romagna, nel golfo di Taranto, in Sicilia.

Le trivelle in mare inquinano: questa la conclusione avallata da numeri e prove empiriche. Lo dicono i dati del ministero dell’Ambiente che Greenpeace ha richiesto a luglio scorso e che oggi vengono resi noti per la prima volta in un rapporto stilato dall’organizzazione ambientalista, anche nell’ambito della campagna a sostegno del referendum contro le trivellazioni petrolifere in mare fissato per il 17 aprile.

Si tratta dei monitoraggi condotti dall’Ispra (Istituto per la protezione e la ricerca ambientale). Il quadro che emerge sull’Adriatico è “perlomeno preoccupante”, conclude Greenpeace. I dati si riferiscono al 2012, 2013, 2014.

“I sedimenti nei pressi delle piattaforme sono spesso molto contaminati. A seconda degli anni considerati, il 76% (2012), il 73,5% (2013) e il 79% (2014) delle piattaforme presenta sedimenti con contaminazione oltre i limiti fissati dalle norme comunitarie per almeno una sostanza pericolosa. Questi parametri sono oltre i limiti per almeno due sostanze nel 67% degli impianti nei campioni analizzati nel 2012, nel 71% nel 2013 e nel 67% nel 2014. Non sempre le piattaforme che presentano dati oltre le soglie confermano i livelli di contaminazione negli anni successivi, ma la percentuale di piattaforme con problemi di contaminazione ambientale è sempre costantemente elevata”.

“Tra i composti che superano con maggiore frequenza i valori definiti dagli Standard di Qualità Ambientale – continua il rapporto di Greenpeace – fanno parte alcuni metalli pesanti, principalmente cromo, nichel, piombo (e talvolta anche mercurio, cadmio e arsenico), e alcuni idrocarburi come fluorantene, benzo[b]fluorantene, benzo[k]fluorantene, benzo[a]pirene e la somma degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Alcune tra queste sostanze sono cancerogene e in grado di risalire la catena alimentare raggiungendo così l’uomo e causando seri danni al nostro organismo”.

Si prendano ad esempio i mitili raccolti nella zona delle piattaforme. “I risultati mostrano che circa l’86% del totale dei campioni analizzati nel corso del triennio 2012-2014 superava il limite di concentrazione di mercurio identificato dagli Standard di qualità ambientale”, si legge nel rapporto di Greenpeace. E “circa l’82% presenta valori più alti di cadmio rispetto a quelli misurati nei campioni presenti in letteratura; altrettanto accade per il selenio (77% circa) e lo zinco (63% circa)”.

Le conclusioni di Greenpeace: “Laddove esistono limiti di legge per la concentrazione di inquinanti, questi sono spesso superati dai sedimenti circostanti le trivelle. Pur con qualche oscillazione nei risultati, questa situazione si mantiene sostanzialmente costante di anno in anno. Non ci risultano però licenze ritirate, concessioni revocate o altre iniziative del Ministero dell’Ambiente atte a interrompere l’inquinamento evidenziato e/o a ripristinare la salubrità dei fondali. A cosa servono questi monitoraggi se non impongono adeguamenti e se non prevedono sanzioni?”.

 

Fonte: Huffingtonpost

 

 

Tags: ambientedatigreenpeacemarereferendumtrivellazioni petroliferetrivelle
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