Era un sabato sera qualunque, proprio come quello che si appresta a sopraggiungere e che vedrà migliaia di giovani riversarsi lungo le vie della movida piuttosto che, drink alla mano ed abito delle grandi occasioni in invidiabile spolvero, tra privé e piste da ballo dei locali più quotati della Napoli by night.
Un sabato sera nato ed animato dall’intento di divertirsi e trascorrere delle briose ore all’insegna della spensieratezza e tramutatosi, invece, in un incubo per G. e i suoi amici, quello consumatosi appena qualche settimana fa.
I giovani, di età compresa tra i 20 e io 25 anni, tutti studenti universitari e residenti in provincia di Napoli, tra San Sebastiano al Vesuvio, San Giorgio a Cremano e Portici, sono soliti trascorrere il sabato sera tra i privé delle discoteche più quotate tra i ragazzi della Napoli bene. Una “strategia”, a loro avviso, molto diffusa dai giovani, quella di accaparrarsi il famigerato “tavolo”, per estraniarsi dalla calca della pista e per evitare di imbattersi in spiacevoli sorprese, quelle che in genere abbondano laddove “la mazzamma” non manca di far sentire la sua autorevole e violenta presenza.
Eppure, proprio tra i tavoli di un privé di uno dei locali più quotati della bella vita napoletana, la comitiva di giovani ha vissuto attimi davvero concitati, arrivando perfino a temere per l’incolumità della propria vita.
Come si sono svolti i fatti, lo racconta proprio uno dei protagonisti di quel sabato sera che tra schiamazzi, lustrini e bottiglie di Belvedere, si è tramutato in un autentico incubo:
“Non era la prima volta che frequentavamo quella discoteca, anzi, si può dire che durante la stagione invernale siamo piuttosto di casa lì, ma mai ci era capitato di assistere o peggio ancora di vivere sulla nostra pelle un episodio simile. La nostra è una comitiva mista di ragazzi e ragazze che varia tra le 4 e le 20 persone. Quella sera andammo a ballare in cinque ed eravamo tutti maschi, quindi, anche per evitare che ci facessero storie alla selezione che avviene all’ingresso del locale, decidemmo di prenotare un tavolo nel privé.
Poco dopo il nostro arrivo, vedemmo sopraggiungere ed occupare il tavolo accanto al nostro da un gruppo nutrito e piuttosto “colorito” di ragazzi. Iniziarono subito a prenderci di mira chiamandoci “ricchioncelli”. Nonostante li ignorassimo, gli insulti e le battute volgari continuavano ad incalzare.
Così decidemmo di chiamare il nostro amico Pr al quale ci rivolgiamo tutte le volte che andiamo a ballare in quel locale, affinché provvedesse a trovarci un altro tavolo. Quando gli spiegammo la questione con estremo imbarazzo ci spiegò che i tavoli erano tutti prenotati e non potevano “fare una scortesia” a quei “clienti buoni che consumano tante bottiglie” che se li avessero visti traslocare altrove avrebbero intuito che poteva essere dovuto al loro atteggiamento e potevano “reagire male”.
Quindi ci liquidò con un laconico: “ignorateli e divertitevi” lasciandoci in balia degli eventi. Il suo atteggiamento ci stranì moltissimo, perché si era sempre mostrato garbato e disponibile, “a’ cumpagn’” come diciamo noi ragazzi. Quando abbiamo scoperto chi erano i nostri “vicini di tavolo” abbiamo capito tutto… Dagli insulti siamo passati alle minacce. Uno di quei ragazzi si avvicina e “ruba” una bottiglia dal nostro tavolo.
“Ci stanno mettendo troppo tempo per portarci da bere, nel frattempo ci offrite questa!” con queste parole giustificò il suo gesto, lasciandoci spiazzati. Superato lo stupore, prevalse la rabbia, quindi decidemmo di “affrontare il problema” andandogli a chiedere di restituirci la nostra bottiglia. Fu così che ebbe inizio una discussione piuttosto animata che culminò con un “voi non sapete chi siamo e chi apparteniamo… se volete uscire vivi da qua dentro è meglio che ve ne tornate al vostro tavolo e non ci date fastidio”, ma non abbiamo dato molto peso a quelle parole, fino a quando nel parapiglia generale in cui era sfociata la discussione, sempre più animata, un mio amico non ha ricevuto un colpo alla testa con il calcio di una pistola e poi ci dissero: “Siamo quelli che stanno facendo tremare Forcella, se volete uscire con le gambe vostre da qua dentro andatevene. Ci state rovinando la serata e non possiamo passare un guaio per colpa di quattro moccosi.”
Non possiamo sapere se fossero effettivamente chi dicevano di essere o se si trattasse solo di una banda di “finti guappi” che per sentirsi dei “tipi buoni” camminano con la pistola in tasca ed amano far credere di appartenere a clan di spicco della scena camorristica. Come se essere un camorrista fosse motivo di vanto. Fatto sta che decidemmo di allontanarci immediatamente da quel tavolo e di abbandonare il locale. Avevamo paura che la lite potesse degenerare e veramente abbiamo temuto il peggio, perché nonostante ci vedessero andar via come avevano ordinato, continuavano ad insultarci e minacciarci anche con gesti molto espliciti.
Abbiamo deciso di non denunciare l’accaduto alle forze dell’ordine solo per una semplice, vigliacca, ma legittima ragione: la paura.
Tecnicamente, non è insorta una rissa nel locale, un nostro amico è stato aggredito e colpito con il calcio di una pistola, questo sì, ma se la polizia fosse arrivata nel locale e li perquisiva e non trovava la pistola, cosa sarebbe successo? Quelli sarebbero venuti a cercarci? Forse sì, forse no.
Nel dubbio, meglio non rischiare. Di brutte storie se ne sentono troppe in giro. Volevamo solo divertirci, per questo non meritavano di finire nei casini, non abbiamo fatto niente di male, né tantomeno li abbiamo provocati in qualche modo. E questa arroganza è la cosa che fa più rabbia.
“Sono cose che possono succedere quando si va a ballare, questo si sa”, qualcuno potrà affermare dopo aver appreso della nostra vicenda. Io che l’ho vissuta sulla mia pelle, sento di dire solo questo ai miei coetanei: si, è vero, lo sappiamo che può succedere, ma vivere in prima persona una cosa simile ti fa vedere le cose in maniera completamente diversa, ti cambia la vita.”