Tutti lo sapevano, lo vedevano, quello scempio si consumava lì, indisturbato, nel bel mezzo delle caotiche scorribande peculiari della vita cittadina lungo le strade della periferia est di Napoli.
Una discarica abusiva: una di quelle realtà rilevabili nell’ordine innaturale delle cose che lambiscono, ormai, inevitabilmente strade, vite, fiumi, mari e cieli.
La spazzatura, i rifiuti, “normali” e speciali, più o meno ordinatamente riposti nei sacchetti o gettati allo sbaraglio in un luogo qualunque, in uno di quelli in cui “non c’è niente, quindi la monnezza si può buttare”. Aree verdi, spesso sopraffatte da sterpaglie ed erba incolta. Basta scorgere la carcassa di un rifiuto di qualsiasi genere e dimensione per innescare un devastante “effetto domino” che nel breve tempo riduce quel limbo di terra in una discarica a cielo aperto.
Un disastro ambientale diffuso e fortemente radicato negli usi e costumi della cittadinanza e soprattutto nell’ideologia di quello stesso popolo che impreca ed inveisce contro chi ha tramutato questa terra, “la nostra terra”, nella “terra dei fuochi e dei veleni”.
Poi, accade anche che, con cognizione di causa, certi uomini decidano di tramutare quello scempio in una forma macabra ed autolesionistica di “business”.
Pneumatici fuori uso, carcasse di veicoli, motocicli, plastiche, scarti di demolizioni edili, componenti meccanici di veicoli e anche amianto: questo è quanto rinvenuto dalla polizia nell’area di circa 18000 metri quadri adibita a discarica abusiva sequestrata nell’ambito delle attività di prevenzione e repressione degli illeciti ambientali nel quartiere di Barra.
La discarica si trova a via Pini di Solimene a Barra, sotto l’asse autostradale della A3 all’altezza dello svincolo per San Giorgio a Cremano.
L’area, di proprietà comunale, veniva gestita abusivamente da S.P. di anni 62 e dal figlio S.V. di anni 26, entrambi pregiudicati ed adibita ad attività di demolizione veicoli. Si tratta di un’ampia superficie, in terra battuta, colma di rifiuti speciali, sia adagiati al suolo che interrati.
Il business dei due uomini consisteva nello smontaggio di veicoli per ricavarne ricambi usati prima di inviare la carcassa a rottamazione.
In uno dei locali, per giunta, era ospitata una famiglia rom di 5 persone con numerosi animali da cortile: capre, galline, cani, gatti e anche un cavallo. Rinvenute anche 25 grosse lastre di amianto, circa 180 pneumatici fuori uso, decine di metri cubi di materiali da risulta edile, un grosso cumulo di asfalto, sette rottami di natanti e decine di veicoli in parte smontati.
L’intera area è stata sequestrata e posta nella disponibilità dell’autorità giudiziaria e comunale. I reati contestati occupazione e danneggiamento di beni demaniali. I due pregiudicati sono stati deferiti all’autorità giudiziaria.