È una corsa contro il tempo, quella che porta Emanuele Sibillo a destreggiarsi tra vicoli e periferia, pur di sfuggire all’arresto, oltre che alle grinfie del clan Mazzarella che lo vuole morto.
Scappa, latita, balza di alloggio in alloggio, non mancando mai di palesare la sua presenza, affinché rimanga sempre costante e crescente la sua ascesa tra i soldati dell’esercito di baby-criminali di cui è a capo.
Ancora una volta, Sibillo è riuscito a sottrarsi all’arresto, lo hanno avvertito appena in tempo.
Pochi, ma provvidenziali attimi che gli hanno consentito di carpire anzitempo quanto stava per accadere. Una soffiata giunta da qualcuno che era a conoscenza delle mosse della polizia e Sibillo non ha avuto esitazioni: è scappato ed anche stavolta è riuscito ad eludere il blitz delle forze dell’ordine.
Una volta giunti nell’appartamento, gli uomini in divisa hanno rinvenuto un monitor collegato giorno e notte a due telecamere accese su via Pietro Colletta, ma anche su una strada laterale. Un occhio sempre acceso sugli unici percorsi obbligati per fare irruzione all’interno del covo, nella casa abitata da Pasquale Sibillo fino a poche ore fa, c’era una cospicua quantità di soldi, alcuni orologi di valore (Rolex ed altri pezzi pregiati), ma anche una decina di smartphone con tanto di schede. Poi documenti di riconoscimento fasulli, con le foto di Pasquale Sibillo.
Su uno dei documenti acquisiti, c’era una recente foto che consente di aggiornare le fattezze fisiche di «Lino»: volto incorniciato da una barba sempre più folta e lunga, simile a quella esibita dai guerriglieri dell’Isis, come già riscontrato un paio di mesi fa, quando vennero arrestati i «barbuti» del rione Sanità. Le indagini in corso puntano a sgretolare appoggi e coperture di Pasquale Sibillo. Si procede a ritroso, inevitabile una domanda: chi ha avvertito il boss dell’imminente arrivo delle forze dell’ordine? È stata decisiva una sbirciata sul monitor collegato alle strade a due passi da Forcella? Di sicuro, Sibillo è stato costretto ad abbandonare subito il covo, senza avere neppure la possibilità di mettere in tasca soldi o documenti, di portare con sé almeno uno dei cellulari custoditi.
La caccia al capo dei baby-camorristi camorristi, quindi, riparte da lì, da quel bunker smascherato.