“Voci di marciapiede” giurano ed assicurano che, Pasquale Sibillo, il latitante più ricercato del momento da forze dell’ordine e clan rivali, si nasconda tra “mura sicure” situate nella periferia Est di Napoli.
Cambia continuamente dimora, Pasquale, in una corsa contro il tempo, volta principalmente a non lasciare tracce, a depistare quell’incessante caccia all’uomo che, secondo alcuni, farebbe di lui “un uomo già morto”.
Per sfuggire alla duplice minaccia dell’agguato e della cattura, non ha scelto di cambiare aspetto, Pasquale, non vuole “mascherarsi”, anzi vuole e “deve” mostrarsi a viso aperto, perché sparire dalla circolazione non rappresenterebbe soltanto un’ammissione di debolezza, ma vorrebbe dire generare una crea incolmabile che lo indurrebbe a perdere il potere che tuttora gli consente di imporre il pizzo, avvalendosi quindi degli introiti derivanti da estorsioni e racket per disporre del denaro necessario per tenere in piedi il business del clan. Circostanze che non fanno di Pasquale un “latitante vecchio stampo” che se ne sta rintanato in un bunker superaccessoriato: il giovane leader dei baby-camorristi deve farsi vivo di tanto in tanto, proprio per sottolineare con la sua fisicità che il suo “impero del male” è ancora in piedi. Le circostanze lo impongono, glielo impongono. Sibillo incontra i suoi fedelissimi gregari, organizza il circuito dei soldi: quelli destinati a qualche famiglia dei detenuti affiliati, ma anche a chi è entrato a far parte della “famiglia” che sta tirando su da poco tempo.
Già, al suo fianco, ai suoi ordini, una fitta rete di gregari: organizzano gli spostamenti, individuano le abitazioni più sicure, quasi sempre legate ad ambienti familiari non collegati con la camorra, svolgono le mansioni che contraddistinguono l’attività camorristica, provvedono a fornire al “capo” cibo, riviste e tutto l’occorrente per rendere meno insopportabile quel mix tra carcerazione volontaria e fuga costante.
I covi, quindi, devono essere cambiati ogni qualvolta che si palesa l’esigenza di apparire nella zona in cui “comanda lui”. In media ogni due, tre giorni.
L’obiettivo di Pasquale Sibillo è quello di arrivare a settembre, spera che la pressione investigativa si abbassi, in modo da riorganizzare la rete di alleanze: contatti con quelli della Vannella Grassi, quasi sempre gestiti attraverso il circuito delle carceri; appoggi con Napoli est, a cominciare dai Rinaldi di San Giovanni a Teduccio, ma anche con i D’Amico di Ponticelli, zona nella quale Sibillo sarebbe stato ospitato più volte durante le ultime settimane, grazie proprio alla complicità degli uomini del clan operante nella zona.
Un tenore di vita che, unitamente alle spese da sostenere, ammonta a migliaia di euro al giorno, i soldi servono anche e soprattutto per tenere in piedi il famigerato clan dei baby-camorristi che tanto preoccupa gli inquirenti. E non è un caso che sulla faida di Forcella, sono al lavoro proprio i pm minorili, in campo assieme alla Dda del procuratore aggiunto Filippo Beatrice e del pm Francesco De Falco.
Ed, ovviamente, nel frattempo, Pasquale non smette di covare e bramare la sua vendetta.
Pasquale, a dispetto della sua giovane età, è il ricercato numero uno in questo momento a Napoli.
Un ragazzo “apparentemente invisibile” eppur capace di far sentire il peso della sua città in tutta la città, dal centro storico cittadino alle periferie. Così come urlato a gran voce da quei colpi di pistola esplosi nel cuore della notte tra vicoli di Forcella.
Per far sentire la sua presenza, per incutere terrore.