Si chiude per sempre il caso della strage di via Caravaggio, che nel 1975 sconvolse Napoli.
Il pm Luigi Santulli ha chiesto al gip l’archiviazione del caso che, quarant’anni dopo, non ha un colpevole. La vicenda risale al 31 ottobre 1975, in un appartamento di via Caravaggio 78, dove un intera famiglia venne sterminata. Furono ritrovati i corpi senza vita, sgozzati, di: Domenico Santangelo, della sua seconda moglie Gemma Cenname e della figlia di primo letto dell’uomo, la ventenne Angela. I cadaveri dei due coniugi erano nella vasca da bagno, sotto di loro anche il cagnolino Dick ucciso.
La Procura ha chiesto l’archiviazione del fascicolo. Il caso ha appassionato la città per anni, con una serie di mutamenti improvvisi relativi alla vicenda. Per il triplice omicidio, infatti, il 9 maggio 1978 fu condannato in primo grado Domenico Zarrelli, nipote di Gemma Cenname.
Il 6 marzo 1981, tuttavia, la Corte d’assise d’appello ribaltò il verdetto e assolse l’imputato. Il 18 ottobre 1982 la Cassazione annullò questa seconda sentenza e dispose un nuovo processo davanti alla Corte d’assise d’appello di Potenza, che il 9 gennaio 1984 assolse nuovamente Zarrelli. Il 18 marzo 1985 la Cassazione confermò definitivamente questa sentenza.
Zarrelli ottenne, inoltre, un risarcimento per ingiusta detenzione. Alla luce della sentenza della Cassazione, non sarebbe comunque stato possibile avviare nuove indagini sul suo conto, in base al principio del ne bis in idem. Il caso è stato riaperto negli anni scorsi dalla polizia, che sulla base delle nuove tecniche scientifiche di investigazione prova a cercare, anche dopo molti anni, i responsabili di delitti insoluti.
Alcuni oggetti trovati nell’appartamento del massacro, in via Caravaggio al Vomero, erano in buono stato di conservazione, in particolare alcuni mozziconi di sigaretta e uno strofinaccio da cucina intriso di sangue. Dall’esame dei reperti “sono stati estratti, tra gli altri – si legge nella richiesta di archiviazione firmata dal pm Luigi Santulli – i profili genetici (tracce Dna) apparsi compatibili con quelli dell’originario imputato Domenico Zarrelli”. Che, peraltro, frequentava quella casa, come anche altre persone sospettate dell’omicidio, e quindi la presenza del suo Dna è del tutto normale”. “In definitiva – scrive il pm – neanche dalle moderne tecniche investigative, del tutto ignote all’epoca del gravissimo fatto di sangue, sono emersi elementi idonei ad attribuire l’efferato delitto in esame a soggetto noto”.