Se c’è un calendario che non si può trasgredire è quello della “tavola”. Sette sono i giorni, come quelli della settimana, ma diversamente da essa, solo di tre bisogna aver memoria e rispetto. Del martedì, mercoledì, giovedì e sabato i commensali non han certezze. Del venerdì, sapranno, invece, che il mare e le sue specie siederanno al centro della tavola. Il lunedì, per convenzione, è il giorno degli avanzi, ancora e più gustosi, della domenica appena trascorsa.
Nel giorno in cui, l’ozio ed il riposo, dovrebbero farla da padroni, a tavola regna il primo tra i primi. Lui, il re della tavola domenicale, invernale ed estiva, il Valentino della passerella culinaria; O’ ragù e mammà.
Nel settimo ed ultimo giorno della faticosa settimana la mamma ha con pazienza celebrato la tradizione. Ha scelto con cura, presso la “chianga” di fiducia i pezzi più pregiati di carne suina e bovina. Nel sabato, in cui il villaggio corre verso la festa, lei ha aperto le celebrazioni.
Un pentolone grande quanto basta per contenere la magica pozione: c’è il pomodoro, che abbraccia con amore il nettare color oro, mentre la signora cipolla discreta pizzica le porzioni, tagliate grossolanamente, di carne ed infine i petali di basilico che sfiorano, con decisione, i bocconi più prelibati e “purpett’” precedentemente dorate, e ridorate.
La fiamma accarezza il fondo della “caurara” con delicatezza e discrezione. Le ore di cottura trascorreranno all’insegna della pazienza.
L’ora di morfeo si avvicina per tutti, anche per il Re ragù. Una volta serrato il magico contenitore la sublime chef, con aria soddisfatta e un po’ affaticata si ritira nelle sue stanze. Alle prime luci dell’alba il pensiero corre in cucina. Il primo compito della giornata è riaccendere i fuochi e interrompere il riposo della prelibata pietanza.
Le fiamme riprendono ad ardere con un intensità crescente. Il fuoco si risveglia e come, nella bocca del vulcano, lì al centro del mondo, il gustoso intruglio “puppulea”.
Il tempo, quello della cottura sta per volgere al termine e ne dà il segnale non solo il tono della “sarza”, ora più intenso e deciso, ma la presenza della sottile linea rosso intenso che corre lungo il perimetro del tegame.
E’ tempo ora di bardare la regina. La strega buona si appresta ad una nuova magia. Dalla gelida dispensa raccoglie la “mulignana”, ortaggio dalla forma ricurva e dal manto violaceo. L’esperienza accompagnerà, con sicurezza, il coltello e la sua mano. Spesse, ma non troppo, così la regola vuole che siano le sfoglie, affinché possano tuffarsi dolcemente prima nel succo delle uova, rotolarsi nelle briciole di pane ed in infine affogare nelle bolle di olio cocente.
E lì distese, fresche di cottura, strato per strato, pioverà loro addosso una pioggia di sugo, mozzarella e parmigiano. Una breve sosta nella fornace e la loro unione sarà suggellata.
Il nuovo giorno ha occhi grandi e spalancati mentre i leoni di casa, fratmo e sorema stentano, nonostante il fragore domenicale, ad affrontare il risveglio. Ma il dovere li chiama! Pesanti e cadenti si avviano verso la cucina, la reggia di mamma, sfregando con le zampine stanche gli occhi lucidi della notte, nel vano tentativo di riportarli ala vita.
Ma solo loro ci riusciranno! Al centro della tavola, tra “a’ buttegl’ ‘e vin’, ‘o pan’ ‘e caso’ e ‘e carcioffl’ arrustut’”, siedono di diritto, sui rispettivi troni, il re e la regina: “’O ragù e ‘a parmigian’”.
I sensi si destano, i sorrisi fioriscono sui volti dei commensali e l’invito paterno “jamm’ bel’, na” concede il permesso ai presenti di aprire le danze.
Ora sì che la domenica può iniziare!