Non accenna a placarsi la protesta contro il decreto legge Buona scuola proposto dal governo Renzi e attualmente in discussione, articolo per articolo, alla Camera.
Decreto che di buono sembra avere solo il nome, considerando che è stato contestato da principio con lo sciopero generale della scuola il 5 maggio scorso, registrando una quota di adesione altissima da parte degli insegnanti, circa l’80%.
Il premier Renzi, in virtù di questa protesta, ha pubblicato un video nel quale in prima persona, alla lavagna, spiegava i punti essenziali della riforma della scuola: autonomia, alternanza scuola/lavoro, bonus economici ai prof. e alle scuole più meritevoli, assunzioni massicce per colmare le cattedre vacanti.
Tuttavia, chi di web ferisce di web perisce, si potrebbe dire: la bacheca di Renzi è stata subissata di messaggi di protesta da parte di insegnanti, studenti, personale ATA o semplici genitori preoccupati per la formazione dei propri figli.
La forma di protesta virtuale più significativa però, è stata quella dell’ UDS (Unione degli Studenti) : i coordinatori nazionali dell’associazione studentesca hanno infatti girato un video di risposta al premier invitando gli studenti di tutta Italia a fare altrettanto per invadere la rete e far arrivare il messaggio di protesta ai piani alti forte e chiaro.
I punti principali contestati al decreto legge Buona scuola sono:
Diritto allo studio: un paese che si definisce democratico nella sua Costituzione dovrebbe poter garantire il diritto allo studio a tutti, cosa che nella realtà non accade ed infatti le statistiche parlano di un tasso di abbandono scolastico in significativa crescita.
Autonomia o autoritarismo? Nel consiglio di istituto siedono, oltre al dirigente scolastico, i docenti, gli studenti e i genitori degli studenti. La nuova riforma dà quasi tutto il potere in mano al dirigente scolastico che sceglierà personalmente dagli albi territoriali i docenti in base a criteri si auspica meritocratici, ma comunque soggettivi.
Inoltre li valuterà, sempre con gli stessi criteri, al termine di ogni anno per decidere a chi dare un bonus sullo stipendio.
Il 5 per mille alle scuole: altro punto molto contestato. Praticamente, mentre lo Stato continuerà a sovvenzionare con soldi pubblici le scuole, saranno i privati a poter scegliere a quali istituti dare dei fondi in più. Sembra elementare e quasi scontata la conseguenza: le scuole ricche saranno sempre più ricche, le scuole povere sempre più povere, quelle al centro privilegiate rispetto a quelle di periferia e meglio non pensare al divario sempre più grande che ci sarà tra quelle del Nord e quelle del Sud.
Le assunzioni: cambia la modalità di concorso con cui i docenti saranno selezionati, ma al contempo gli aspiranti docenti che non avevano superato il concorso nel 2012 saranno assunti nel 2016 perchè ci sono molte cattedre vacanti da occupare, invece di regolarizzare i docenti precari da anni. Un controsenso in termini.
L’associazione studentesca UDS, i docenti e i sindacati confederati dei lavoratori Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Gilda e Snals promettono ancora battaglia in occasione delle giornate di lunedì e martedì prossimo, giornate decisive per l’approvazione alla Camera del ddl Buona scuola.
La minaccia è quella di scioperare bloccando gli scrutini di fine anno in programma tra un mese circa, scelta che paralizzerebbe la scuola di ogni ordine e grado. La situazione sembra non preoccupare il garante sugli scioperi, Roberto Alesse, che auspica che “prevalga il buon senso, il dialogo e il senso di responsabilità dei docenti” .
Insomma, a detta del presidente del Senato Grasso: “La scuola è dei docenti e dei ragazzi ed è il futuro del Paese”, ma sta per essere approvata una riforma che non mette al centro della scuola nessuno dei tre elementi suddetti e con una base di consenso, in Parlamento e fuori, quasi del tutto assente.