All’estremità orientale di Napoli, in un’area che solo dalla metà del XIV secolo era entrata a far parte del perimetro fortificato della città, nel 1382 Carlo III di Durazzo fece costruire un castello, che per la sua forma fu denominato lo Sperone, meglio conosciuto come il Castello del Carmine.
L’edificio sorgeva in posizione adiacente al convento del Carmine Maggiore, costruito insieme alla chiesa a partire dal 1283, in seguito alla donazione di un appezzamento di terra da parte di Carlo I d’Angiò ai frati carmelitani, devoti al culto della Madonna bruna.
Il Castello del Carmine tra i castelli napoletani è quello allo stesso tempo meno studiato e meno conosciuto. C’è un problema di fondo per chi voglia indagare l’assetto originario e le prime trasformazioni di questo edificio: la mancanza di documentazione derivante dalla dispersione del materiale archivistico, avvenuta soprattutto a seguito della seconda guerra mondiale, riguardante sia l’edificio del Carmine, sia del convento attiguo di Santa Maria del Carmine, sia della Porta del Carmine.
La storia del complesso monastico e della fortificazione sono fortemente correlate e i pochi dati a disposizione dello studioso derivano prevalentemente dall’archivio del monastero, del quale purtroppo sono pervenuti solo gli inventari che forniscono notizie frammentarie. La consultazione delle pubblicazioni anteriori alle distruzioni archivistiche, che in altri casi si è rivelata una valida alternativa, ha dato pochi risultati in quanto le notizie fondamentali sono tratte da un articolo ottocentesco che, fino a quando non verranno rinvenute fonti attraverso altri percorsi di ricerca, sono inverificabili. Allo stesso tempo l’importanza che tale fortificazione ebbe nella storia della città e l’esemplarità delle sue trasformazioni, all’interno di un quadro generale di costruzione e riuso delle mura e degli edifici militari in genere, ne fanno un caso di studio molto importante.
Il Castello del Carmine fu costruito nel 1382 in prossimità di uno degli arsenali della città come rafforzamento del punto di incontro delle mura meridionali e di quelle orientali alle quali era adiacente un lotto quadrato di terreno concesso più di un secolo prima ai carmelitani per costruire un convento. A cavallo delle mura orientali era già presente Castel Capuano che però non aveva la possibilità di difendere la fascia costiera e la zona portuale che veniva controllata ad occidente dal Castel Nuovo, che era anche residenza reale; allo stesso tempo il Castello del Carmine permetteva di mantenere una guarnigione in prossimità dei quartieri popolosi che gravitavano intorno al porto.
Il progetto originale si caratterizzava di due torri cilindriche, di un elevato torrione e di mura merlate congiunte da robusti blocchi di piperno. Il castello fu teatro non appena quattro anni dopo la sua costruzione della battaglia che vedeva contrapposti Luigi II d’Angiò e Ladislao di Durazzo. In seguito, durante l’assedio di Alfonso d’Aragona, sostenne la difesa degli angioini, ma non fu abbastanza per mantenere il regno.
Nel 1484, re Ferrante d’Aragona, pensò ad un allargamento delle mura cittadine e, nel quadro di queste opere, inserì anche l’ampliamento e il rinforzo del torrione preesistente trasformandolo in un solido baluardo nel sistema difensivo cittadino.
La prima pietra delle nuove mura fu posta in prossimità del Castello del Carmine ed in quella occasione fu costruita la porta, sorta presso la chiesa del Carmine: Porta del Carmine, con cui la si indicherà fino alla sua demolizione. il tracciato delle mura difensive, volute da Ferrante d’Aragona tra il 1484 e il 1494, si articolava su 21 torrioni e 4 porte. Oggi sopravvivono solo 14 torrioni e le imponenti Porta Nolana e Porta Capuana.
Le decorazioni fatte apporre sulla costruzione (stemmi aragonesi con bassorilievo in marmo raffigurante un guerriero a cavallo), rimandava ad altre due porte napoletane. Un’iscrizione originaria in ricordo del Duca di Calabria venne sostituita con una che ricordava il ritorno a Napoli di Ferdinando II (detto Ferrandino), passato vittorioso, proprio attraverso la porta il 7 luglio 1495.
L’epigrafe così recitava: “FERDINANDUS REX/NOBILISSIMAE PATRIAE”.
Vi erano due torri che cingevano il fornice, chiamate Fedelissima e Vittoria. Quella destra fu annessa alla struttura del Forte del Carmine. Un affresco di Mattia Preti ornava la porta, con raffigurazione della peste (definita la più cruenta e terrificante tra quelle eseguite dall’artista sulle porte cittadine) e la Vergine con i santi e la Gloria degli angeli.
Il bassorilievo è oggi conservato al Museo di San Martino, così come pure un’epigrafe collocata sul lato posteriore della costruzione.
Particolarmente rilevante fu il ruolo svolto dal castello del Carmine durante la cosiddetta rivolta di Masaniello. La vicinanza e la compenetrazione tra il forte e il convento del Carmine permise l’occupazione del forte, o di quello che ne rimaneva, da parte dei rivoltosi. Il forte divenne la roccaforte del capopopolo Gennaro Annese che occupò gli appartamenti, al di sopra della porta del Carmine particolarmente importante da un punto di vista strategico in quanto uno dei principali accessi alla città.
Tra gli eventi più celebri che si sono svolti in questa sede si ricordano: la proclamazione della “Serenissima Real Repubblica Napolitana” che, però, durò solo alcuni giorni; la congiura di Macchia, nel 1707, che anticipò l’arrivo degli Austriaci; l’occupazione delle truppe francesi di Championnet nel 1799; lo strenuo tentativo di resistenza del contingente borbonico di stanzia ai Mille di Garibaldi.
La Porta del Carmine fu abbattuta nel 1864, avendo perso la sua funzione originaria, mentre agli inizi del 1900 «per ragioni di rettifilo» veniva demolita gran parte dell’antico castello e si concludeva così la storia di uno degli edifici più caratteristici della storia urbanistica di Napoli.
Nel 1893 Ludovico de la Ville sur Yllon scrive: “Ora il castello del Carmine è ancora carcere giudiziario. Ma fra i progetti del Risanamento c’è quello di abbatterlo quasi completamente per ragioni di rettifilo. Non so dire se questo sia o no un benefizio: è certo però che l’abbattimento di quegli antichi bastioni toglierà alla contrada l’aspetto caratteristico che ora possiede”.
Al giorno d’oggi, della struttura sono rimasti visibili due torri e una parte di cinta muraria lungo via Nuova Marina.
La ricostruzione virtuale condivisa su YouTube da Carmine Negro è il frutto di un accurato lavoro di analisi storica e di rendering del sito, realizzato dal dott. Luigi Annunziata nell’ambito del Progetto “Il Castello del Carmine torna”. Tutto ha inizio da un’antica mappa topografica in cui il castello c’è ancora ed è ben visibile, collocato a protezione di quella porzione di città dagli attacchi nemici dal mare.