Anime traghettate dalla speranza, in balia dell’imprevedibilità che contraddistingue il mare ed anche la più bruta forma di crudeltà che logora lo status di “essere umano”.
I migranti: uomini ricoperti da abiti raccattati alla meno peggio e con gli occhi sporchi di cordiale disperazione, sagome pronte a sgusciare tra le auto, allorquando il rosso del semaforo gli strizza l’occhio. Ospiti, scomodi e fastidiosi, dei quali liberarsi, allorquando è il verde a dettare legge, consentendo di lasciarsi alle spalle quelle cantilene pregne di pantomime, già sentite e risentite.
Uomini che sfidano la sorte e la morte per approdare lungo le coste di casa nostra.
“Casa nostra”. Appunto.
E sempre più frequentemente appare, gli appare chiaro che quello che trovano ad accoglierli è tutt’altro che l’accomodante e benevola volontà di “farli sentire come a casa loro”.
“Questa è casa nostra” e quei signori sfidano la sorte e la morte per vivere in punta di piedi “in casa nostra”, come ospiti poco e mal tollerati.
Durante uno di quei viaggi della speranza, quindici migranti sbarcati nei giorni scorsi a Palermo, avrebbero gettato in mare nove persone durante la traversata per raggiungere l’Italia.
Secondo quanto ricostruito in base alle testimonianze di altri profughi, sul barcone sarebbe scoppiata una rissa per motivi religiosi e i quindici musulmani hanno sopraffatto i nove cristiani, scaraventandoli poi in mare. Non accade solo questo durante “i viaggi della speranza”.
Un corpo senza vita è stato gettato in pasto agli squali.
La salma di un migrante, deceduto dopo aver esalato benzina che si era rovesciata a bordo per il mare mosso, è stata gettata in mare e il corpo è stato dilaniato da squali che seguivano il gommone. Secondo il racconto di alcuni migranti ascoltati della polizia, il gommone su cui si trovavano era seguito da un branco di squali. Quando uno degli extracomunitari è morto dopo avere respirato vapori di carburante, tra i viaggiatori è scattata l’idea: gettare in mare il corpo del loro compagno di viaggio per allontanare gli squali.
Il racconto choc è stato fornito da diversi testimoni che hanno sottolineato che la decisione non è stata rapida ed è stata dibattuta. Alla fine ha vinto la paura e la salma è stata fatta scivolare in mare. Il corpo è stato dilaniato dagli squali e il gommone si è allontanato dal branco.
Mentre, ieri sera, intorno alle 23 circa la squadra dei vigili del fuoco di Castelfranco di Sotto è intervenuta a Capanne, in via del Mulino 29, per un incendio in un’abitazione. Il fuoco è stato appiccato in un fabbricato isolato su due piani. Il piano terra era destinato all’accoglienza dei profughi arrivati nella giornata di ieri. All’interno dell’abitazione bruciava un materasso e la porta di accesso è risultata forzata.
L’appartamento nel quale si sono sviluppate le fiamme è di proprietà della Curia di San Minato ed è dato in gestione alla Cooperativa Sociale La Pietra d’Angolo di San Miniato.
Secondo i primi accertamenti effettuati dai Carabinieri, nell’appartamento avrebbero dovuto abitare tre somali, che però, risultano irreperibili.
Questo è il destino che troppo spesso inonda le vite che scelgono di sfidare l’incerta e possente impetuosità del mare, pur di non assassinare la speranza.
Quella insita nell’opportunità.
Quella che, una volta giunta sulla terraferma, deve imparare ben presto a montare su un paio di gambe forti, robuste e pazienti per intraprendere il suo, parimenti incerto e tutt’altro che scontato, viaggio.