I giovani sono il futuro del mondo.
La speranza di un futuro migliore, in un futuro migliore. Quella che troppo spesso viene negata, ergendosi a crudele e costante muro d’impossibilità, inviolabile ed invalicabile.
Quella, rabbiosa e costernata, che traspare da questa accorata testimonianza:
“Sono Silvia, ho 22 anni. Viaggio per l’Italia da quando avevo 18 anni. Mi sono laureata a Roma e da pochi mesi mi trovo a Napoli, una stupenda città, dove grazie ad una borsa di studio per merito, posso proseguire il mio percorso di studi. Inseguire i propri sogni credo sia la cosa più bella del mondo, ma in molti casi anche la più difficile. Ho sempre provato a mantenermi da sola, ho cominciato a lavorare a 16 anni facendo un po’ di tutto: dalla parrucchiera, alla barista, dalla commessa alla segretaria, da collaborazioni nell’organizzazione di sfilate di moda nazionali, all’animatrice turistica. Insomma… non mi sono mai stancata!
Nonostante tutto sono riuscita a laurearmi prima dei tempi previsti con un’ottima votazione e dopo pochi giorni è arrivata la splendida notizia dell’attribuzione di questa borsa di studio. Ho camminato per giorni sollevata un palmo da terra, conscia di essere fortunata per l’opportunità che mi era stata data. Così, ad Ottobre mi sono trasferita a Napoli, nuova città … l’ennesima… senza amici, senza lavoro, con una vita da ricominciare.
Ho conosciuto Napoli e me ne sono innamorata ed ho conosciuto l’amore, quello vero, per la prima volta credo e insieme stiamo facendo progetti per il futuro.
Ma forse abbiamo fatto i conti senza l’oste.
Lui ha perso il lavoro da qualche mese, io già da qualche tempo provo in tutti i modi a trovare un lavoretto che mi assicuri un minimo d’ indipendenza, che mi permetta di rimanere in questa splendida città anche nei mesi estivi, che non mi faccia pesare il fatto che una volta al mese mi possa concedere una pizza o comprarmi una maglia.
Non finirò mai di ringraziare i miei genitori per il supporto che mi stanno dando in questo periodo, sia morale (pur se lontani), sia economico.
Ma per una ragazza abituata a non chiedere mai nulla, la situazione è frustrante.
A questo si aggiunge la malattia di mamma. Chissà da quanto me lo tengono nascosto. Cure costose, viaggi, ospedali… Ho imparato a conoscere l’ansia, gli attacchi di panico notturni.
Sono sempre stata una ragazza solare, mi sono sempre impegnata e ho provato a dare il massimo, ho sempre seminato, vorrei solo raccogliere qualche frutto, ma un frutto anche piccolo, sono giovane e non pretendo tanto.
Mille “le faremo sapere”, “mille sguardi di sufficienza”, mille proposte con secondi fini, mi sento rabbrividire solo al pensiero che per questa gente il mio cervello e i miei sacrifici non valgano nulla, davanti a un bel viso e a un corpo normalissimo.
Chiedo solo un lavoro, onesto.
È chiedere tanto?”
È chiedere di lasciar germogliare il seme in cui giace la speranza di veder sbocciare una vita “normale”.