La Costituzione italiana sancisce l’uguaglianza formale e sostanziale di tutti i cittadini e tutela le minoranze linguistiche, ma la strada per la piena attuazione di uno dei principi basilari della nostra Repubblica è ancora molto lunga.
Lo dimostrano i dati della valutazione annuale dell’Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali e lo dimostrano anche le dichiarazioni di Matteo Salvini, all’indomani della Giornata mondiale della cultura rom. Il segretario della Lega, infatti, con un’uscita poco felice su facebook si è espresso a proposito dei Rom usando l’appellativo di “zingari” e ha poi ribadito a voce in un’intervista su La7 il proposito, se fosse dipeso dalla sua volontà, di radere al suolo tutti i campi rom.
Al di là di tutte le polemiche politiche che sono seguite a queste dichiarazioni, Salvini due cose giuste le ha anche dette: la prima è che “Non esistono i campi rom in altri posti d’Europa, i rom hanno gli stessi diritti e doveri degli altri cittadini” , la seconda che è importante impedire ai genitori di mandare i bambini a rubare, invece di mandarli a scuola.
Queste sono infatti cruciali problematiche che già dal 2011 il nostro Paese cerca di affrontare anche con il sussidio economico del Fondo Sociale europeo che ha messo tra le sue priorità quella dell’integrazione sociale dei Rom, la minoranza più rappresentata in Europa.
In Italia i Rom sono 180000, di cui 40000 vivono stabilmente nei campi e il 50% di essi ha la cittadinanza italiana, tuttavia ogni giorno sono vittime di esclusione, disuguaglianza e discriminazione. C’è da dire che molto spesso i Rom non vogliono integrarsi, preferendo una vita fatta di furti e vivendo ai margini della legalità. “Cominciamo da quelli che a noi hanno detto di sì”, propone Marco De Giorgi, direttore generale dell’Unar (l’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica, della Presidenza del consiglio).
Accantonando le belle parole, cosa vuol dire praticamente integrazione?
Significa lottare contro la discriminazione agendo su almeno quattro punti:
L’istruzione: i figli dei Rom non possono beneficiare della stessa qualità di formazione degli altri bambini, in primis perchè uno su cinque a scuola non andrà mai. Inoltre, la dispersione scolastica è altissima: stimata del 50% tra scuola primaria e secondaria e del 95% oltre la secondaria.
L’occupazione: non è un mistero che i Rom hanno maggiori difficoltà di accesso ai posti di lavoro ed in questo senso è da segnalare l’esempio positivo del ” Progetto DJ (diversity on the Job)” organizzato dal comune di Roma per formare con dei tirocini professionalizzanti i giovani Rom al fine di inserirli più facilmente nel mondo del lavoro.
Gli alloggi: è necessario individuare una nuova soluzione abitativa, perchè relegare i Rom nei quartieri alla periferia delle città, in contesti ghettizzanti quali sono i campi, non facilita di certo l’integrazione e aumenta l’insofferenza e l’intolleranza dei cittadini dei quartieri limitrofi nei loro confronti.
L’assistenza sanitaria: migliorare le condizioni igienico sanitarie in cui vivono queste persone ed in tal senso già dal 2011, sebbene a macchia di leopardo, si sta cercando di garantire la copertura vaccinale ai bambini contro le più gravi e comuni malattie dell’infanzia.
I pregiudizi e l’intolleranza non si sconfiggono dall’oggi al domani, come dimostrano le parole di persone come Salvini che siedono in Parlamento ma anche di tanti altri comuni cittadini, ma è solo dallo sforzo congiunto delle parti che si può – e si deve- trovare una soluzione. La diversità è ricchezza e l’Italia multietnica è una realtà e una sfida da affrontare!