Dal 10 al 19 aprile 2015 al Teatro Bellini di Napoli andrà in scena la prima di uno spettacolo assolutamente da non perdere.
Lo spettacolo in questione, è messo in scena dalla Compagnia del Teatro Stabile del Bellini di Napoli, intitolato “Qualcuno volò sul nido del cuculo” di Maurizio Di Giovanni, per la regia di Alessandro Gassmann.
Il lavoro è tratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey, la cui versione per il grande schermo, diventata pagina fondamentale della storia del cinema, fu diretta dal regista Milos Forman.
Maurizio de Giovanni, senza tradire la forza e la sostanza visionaria del film, ha semplicemente avvicinato la vicenda a noi, cronologicamente e geograficamente. La trama infatti non tradirà l’originale, bensì darà alla storia più contemporaneità.
Così Randle McMurphy diventa Dario Danise, e la sua storia e quella dei suoi compagni avverranno nel 1982, presso l’ospedale psichiatrico di Aversa. Un progetto messo in piedi da anni, che Gasmann ha voluto realizzare con attori non conosciuti al grande pubblico, per dare maggiore rilievo ai personaggi e alla sceneggiatura.
Tutto ha inizio con l’arrivo di un nuovo paziente che deve essere “studiato” per determinare se la sua malattia mentale sia reale o simulata; il suo atteggiamento, la sua irriverenza e il suo spirito di ribellione verso le regole che disciplinano rigidamente la vita dei degenti, porterà scompiglio e disordine ma allo stesso tempo la sua travolgente carica di umanità contagerà gli altri pazienti e cercherà di risvegliare in loro il diritto di esprimere liberamente le loro emozioni e i loro desideri.
Dario (nel film McMurphy) è un personaggio ribelle e anticonformista, che si renderà paladino di una battaglia nei confronti di un sistema repressivo, ingiusto, dannoso e crudele, affrontando così anche un suo percorso interiore che si concluderà tragicamente, ma che allo stesso tempo riscatterà una vita fino ad allora sregolata e inconcludente. Ed è proprio attraverso di lui, che i pazienti riusciranno ad individuare qualcosa che continua ad esser loro negato: la speranza di essere compresi, di poter assumere il controllo della propria vita, la speranza di essere liberi.
Un testo impegnativo, che rappresenta una lezione d’impegno civile, ma anche, e soprattutto, una straordinaria metafora sul rapporto tra Individuo e Potere costituito, sui meccanismi repressivi della società, sul condizionamento dell’uomo da parte di altri uomini. Un grido di denuncia che scuote le coscienze e che fa riflettere.
Insomma, uno spettacolo assolutamente da non perdere, che, oltre a citare una delle più celebri testimonianze cinematografiche del passato, vanta una cospicua carica emotiva per le tematiche appunto messe in scena,quali: la malattia, la diversità, la coercizione, la privazione della libertà, trasformate drammaturgicamente, in un grido di denuncia che scuote le coscienze e che fa riflettere, contro i metodi di costrizione e imposizione adottati all’interno dei manicomi.