Ferdinando I di Borbone sapeva certamente il ” fatto suo ” quel Giovedì Santo.
Orgoglio della cucina partenopea, pur avendo quasi tre secoli, non ha perso il suo fascino e la sua pomposa regalità, signori e signore: La Zuppa di Cozze.
La zuppa di cozze pur essendo un piatto servito tutto l’anno nei ristoranti del centro storico (alcuni sono famosi proprio per questo), viene consumata a Napoli tradizionalmente, come cena del Giovedí Santo, dopo la Messa in Cena Domini, celebrata in memoriale dell’Ultima Cena consumata da Gesù prima della sua passione e il conseguente rito della lavanda dei piedi.
Questa usanza viene da lontano e precisamente dal tempo di Ferdinando I di Borbone (Napoli, 12 gennaio 1751 – Napoli, 4 gennaio 1825).
Questo monarca, che era golosissimo di pesce e di frutti di mare e in particolar modo delle cozze che lui stesso pescava nelle acque posillipine, volle accettare l’ammonimento del padre domenicano Gregorio Maria Rocco, che gli consigliava di non eccedere con peccati di gola, almeno durante la settimana santa. Il frate domenicano era molto noto sia tra il popolo che a corte, perchè si prodigava in opere di assistenza e di apostolato per alleviare la sofferenza di poveri ed emarginati e per combattere il vizio in tutte le sue forme.
Ferdinando era però troppo goloso delle sue amate cozze e furbescamente ordinò ai cuochi una preparazione meno sontuosa dei mitili, facendosi servire in tavola, la zuppa di cozze con pomodoro e salsa forte di peperoni. La ricetta elaborata dal sovrano, uscí dalle cucine di palazzo e si diffuse in tutta la città. Da quel giorno, prima fra la borghesia e poi tra tutto il popolo, nessuno si fece mancare quella gustosa zuppa sulla tavola del Giovedì Santo. Successivamente, il popolo basso sostituí le costose cozze con le piú economiche lumache e si contentò di una zuppa di lumache, preparata con il medesimo sugo di quella di cozze.
Considerato cibo magro, è in realtà, una sorta di compromesso tra astinenza e gola: è un piatto semplice, di mare, minuziosamente condito, al fine di renderlo appetitoso e vivace.
Deve contenere, oltre alle cozze, le maruzze di terra (lumache), sebbene molti le omettano e aggiungano, invece, frutti di mare assortiti e crostacei, le ranfe (tentacoli) di polpo lesso e soprattutto, il forte (l’olio rosso piccante). Sul fondo della scodella, va riposta la fresella, un biscotto di grano che viene intriso sia con il condimento delle cozze, mescolato a quello della bollitura del polpo, sia con l’olio piccante. La fresella deve essere morbida e l’olio rosso va versato fin’a quanno s’o tira, cioè fino al punto in cui il biscotto riesce ad assorbirlo.
Una tradizione che va onorata e rispettata, per la gioia della cultura di questa terra, ma anche del palato!