Il fascino di un tramonto, l’incanto dell’alba, una passeggiata nei boschi e il guado di ruscello…….
Tutto questo e molto di più, rischia seriamente di essere compromesso per sempre.
Le Alpi Apuane sono un sistema montuoso che si sviluppa all’estremità nordoccidentale della Toscana per un estensione di circa 400 km quadrati. La catena, in gran parte composta da formazioni di natura calcarea, si innalza fino alla quota massima di 1947 metri con il Monte Pisanino. La complessa storia geologica di queste montagne, iniziata circa 220 milioni di anni fa, con il loro sollevamento dal fondo del mare, si può leggere nel susseguirsi degli strati rocciosi e nella ricchezza dei giacimenti marmiferi, il cui sfruttamento indiscriminato, ha ridisegnato nei secoli l’intero paesaggio.
Esse oltre a costituire una delle aree montuose più originali della Penisola, per ricchezza di ambienti e paesaggi, rappresentano una vera isola biogenetica, dove trovano rifugio molte specie botaniche endemiche e relitti glaciali. Fino a una certa altezza i versanti sono coperti di boschi, in prevalenza carpini, castagni e faggi, alternati a zone prive di alberi ma ricche di elementi floristici, fra cui diverse specie di orchidee selvatiche. La fauna è ricca, soprattutto per quanto riguarda le specie di uccelli legate agli ambienti sommitali (aquila reale, falco pellegrino, corvo imperiale, picchio muraiolo, sordone, pernice rossa e gracchio corallino, simbolo del Parco).
Il Parco Naturale Regionale della Alpi Apuane interessa un’area è di 54.000 ettari e due province, Lucca e Massa-Carrara, con la Garfagnana, la Media Valle del Serchio, l’Alta Versilia e la Lunigiana. Istituito nel 1985, tutelato da un ente nel 1996 è stato poi inserito, nei Geoparchi Unesco nel 2011.
Nelle Alpi Apuane è presente la più alta concentrazione di cave di pietre ornamentali del mondo e in quest’area l’industria marmifera possiede la leadership mondiale del settore. L’introduzione massiccia del diamante nei macchinari di estrazione e lavorazione ha aumentato moltissimo la produzione ed ha portato alla realizzazione di fronti di scavo di dimensioni mai precedentemente raggiunte. Per questo, la gestione dei processi estrattivi e le conseguenze ambientali diventa, con la dimensione industriale che ha assunto l’attività, ogni giorno più difficile e delicata. Le circa 300 cave attive nell’area, sottopongono il territorio a un prelievo giornaliero enorme di materiale che rischia di cambiare i caratteri del paesaggio e dell’ambiente e influire per gli effetti sulla salute delle acque delle Alpi Apuane. Un fattore determinante per la stabilità ecologica delle acque apuane è costituita proprio dalle attività connesse al marmo (estrazione e lavorazione). L‘abitudine di scaricare nei corsi d’acqua la polvere di marmo, nota anche come marmettola, malgrado non costituisca un serio pericolo per la salute pubblica, svolge una forte azione inquinante in quanto responsabile di un grave impatto biologico sui corsi d’acqua: essa si deposita sul fondo dei fiumi e dei torrenti distruggendone i microambienti e disturbando l’insediamento di organismi.
Nel Dicembre del 2013, è stato presentato un piano paesaggistico della Regione toscana, firmato dall’assessore Marson, che si pone come obiettivo, una progressiva chiusura delle cave operanti nell’area del Parco delle Apuane, ovviamente con opportuni ammortizzatori e riconversioni per far fronte alla perdita di posti di lavoro, che ne deriverebbe. Le proteste e le polemiche scatenate da quel testo hanno portato Marson, che si è confrontata con sindaci e aziende, a modificare il Piano più volte fino a dettare regole per la valutazione di impatto ambientale per autorizzare le future escavazioni e a introdurre un classificazione delle cave. In attesa dell’approvazione definitiva, i quattro anni di lavoro del grosso team di docenti universitari, ricercatori, tecnici comunali e della Marson , rischiano di finire nel cestino della carta straccia.
Alla vigilia del voto arriva un faldone di emendamenti Pd che ne stravolgono completamente la natura, articolo per articolo, viene stralciata tutta la rete di protezione di quelle montagne, sollevata dalla Marson. Via limiti agli ampliamenti dei siti estrattivi. Via limiti alla riapertura di cave dismesse da oltre vent’anni. Tutto continuerà a essere estraibile. Gli unici angoli off limits alle ruspe saranno le vette sopra i 1200 metri, dove non siano ancora state aperte cave: quelle potranno continuare ad ampliarsi, duplicarsi, anche triplicarsi. Con gli emendamenti viene poi rivisto il concetto di “nuova cava”, per il quale il documento prevede che l’autorizzazione all’attività e alla coltivazione passi per un “piano attuativo” (con una procedura urbanistica complessa): non saranno considerate nuove cave gli ampliamenti. Non passeranno dal piano attuativo nemmeno le “varianti sostanziali” e inoltre si allargano le maglie per i ravaneti, ossia i pendii dove si accumulano i detriti di cava (limitati nella prima versione del piano). I consiglieri del Pd ribadiscono: “Le cave sono un paesaggio nel paesaggio” e “una grande attrazione turistica”. Più, evidentemente, delle grotte, dei sentieri, del parco naturale.
Adesso, il prossimo step sarà l’approvazione del Consiglio Regionale, che potrebbe votare per un documento assai differente rispetto quello elaborato in precedenza.
La seduta è stata aggiornata a venerdì 27 marzo per dare il tempo a tutti gli consiglieri di esaminare il testo e soprattutto di presentare, entro oggi, 26 marzo, alle 19.30, eventuali ulteriori emendamenti. Venerdì mattina i lavori riprenderanno e, secondo il capogruppo del Pd Ivan Ferrucci, entro la giornata ci sarà l’approvazione definitiva.