Guerra a Twitter da parte dell’Isis; lo Stato Islamico avrebbe diffuso sul web un appello: uccidere i dipendenti ed il fondatore del social network Jack Dorsey.
«La vostra guerra virtuale contro di noi causerà una guerra reale contro di voi», si legge in un testo in arabo pubblicato da presunti fiancheggiatori dell’autoproclamato Stato islamico e corredato da un’immagine di Dorsey al centro di un mirino.
l’agghiacciante messaggio si estende ai dipendenti di Twitter, menziona i familiari, evoca le stesse immagini che già hanno atterrito il mondo intero: «Come pensi di proteggere i tuoi miserabili dipendenti Jack, quando il loro collo diventerà bersaglio ufficiale per i combattenti dell’Isis e i suoi sostenitori, cosa dirai alle loro famiglie e ai loro figli. Sei stato tu a coinvolgerli in questa guerra persa».
Come al solito, non si capisce esattamente né chi l’abbia firmato né tantomeno se avrebbe avuto la circolazione che sta avendo senza il rilancio dei media, stavolta non solo italiani.
Il motivo della condanna è chiaro: la frequentissima rimozione di post e la sospensione di account che diffondono e rilanciano video del sedicente Stato islamico, in particolare quelli delle spietate esecuzioni. “Avete iniziato questa guerra fallimentare – si legge nel testo – vi avevamo avvisato fin dall’inizio che non era la vostra guerra ma non avete voluto capirlo continuando a chiudere i nostri account. Ma noi risorgiamo sempre”. E così via, fra “leoni coraggiosi che tolgono il fiato” e minacce specifiche allo stesso Dorsey, ai dipendenti della società californiana ovunque si trovino e ai loro colli ormai obiettivo dichiarato dei tagliagole.
Il messaggio è `firmato Isis´, ma gli echi di affiliazione alla propaganda e alle azioni dello Stato Islamico, sul web e non, sono sufficienti per far scattare l’allarme ai più alti livelli; Twitter ha dichiarato che sta collaborando con le forze dell’ordine per verificare l’attendibilità delle minacce.
In una dichiarazione rilasciata alla Cnbc, Twitter ha affermato: “Il nostro team di sicurezza sta indagando la veridicità di queste minacce con le pertinenti forze di polizia”. La presunta minaccia è apparsa su un sito web di pastebin con sede in Polonia, secondo quanto riporta la Nbc.
Già a settembre da account jihadisti erano arrivate minacce a Dorsey e ai suoi dipendenti, “rei” secondo i fondamentalisti, di aver bloccato una serie di account.
Ma le minacce Isis non si fermano al web, bensì diffondono anche il primo documento scritto in lingua italiana: un uomo di 37 anni di origini algerine, ex studente all’università Orientale di Napoli, attualmente irreperibile: sarebbe lui – secondo quanto riferito al Tempo da “fonti interne alla comunità islamica italiana” – l’autore del testo pubblicato on line su diversi forum jihadisti: Sessantaquattro pagine diffuse dall’autoproclamato Califfato, intitolato “Lo Stato Islamico, una realtà che ti vorrebbe comunicare” e firmato “Il vostro fratello in Allah, Mehdi“, del documento è stata accertata la circolazione nei forum online jihadisti sin dallo scorso mese di novembre ed è stato raccolto dal sito WikiLao.
Gli analisti degli apparati di sicurezza ipotizzano che lo scritto sia stato elaborato con il contributo di soggetti in qualche modo legati al nostro Paese, forse addirittura italiani arruolatisi nell’ISIS; non vi sono dubbi per quanto riguarda i destinatari del manoscritto, ovvero i musulmani che si trovano da noi.
Vengono illustrati inoltre tutti i servizi offerti dall’Isis alla popolazione visto che il Califfato è “uno stato che dà il massimo per i Musulmani“: dalla raccolta dello zaqat (l’imposta coranica) alla produzione di pane, per arrivare alla distribuzione della benzina ai meno abbienti, al servizio d’ordine fatto dalla polizia che “ordina il bene e proibisce il male“, all’istruzione, la produzione energetica, la ristrutturazione e l’abbellimento dei luoghi pubblici.
Un capitolo presenta poi i profili biografici o le parole dei più grandi comandanti dello Stato Islamico, dal numero uno al-Baghdadi alle altre figure di spicco dell’organizzazione.
Dopo un breve capitolo dedicato alla donna che “dal punto di vista islamico è considerata una regina, un gioiello da preservare“, il pamphlet contiene anche un “invito alla rettitudine e all’allontanarsi dalla fitna” (una sorta di male di vivere interiore).
Infine, non poteva di certo mancare un appello all’arruolamento delle fila del Califfato.
Il testo non contiene minacce esplicite all’Italia, ma vi è una chiara chiamata alle armi e si evoca la «conquista di Roma»: «Accorri al supporto del Califfato Islamico» che «ha allargato i propri territori… Per grazia di Allah i soldati sotto diretto controllo dello Stato Islamico sono in Algeria, Nigeria, Ciad, Libia, Egitto, Arabia Saudita, Yemen e altri Paesi ancora». E, sotto una mappa, questa didascalia: «Accorrete Musulmani, questo con il permesso di Allah è il Califfato Islamico che conquisterà Costantinopoli e Roma come Muhammad profetizzò».