Sono passati quasi otto mesi dal maledetto pomeriggio nel quale una pietra si staccò dal rosone dell’ingresso della Galleria Umberto I colpendo alla testa il giovane Salvatore Giordano.
La vicenda ed il suo tragico epilogo sconvolsero l’opinione pubblica partenopea e nazionale: una morte così assurda e crudele non è imputabile al solo fato. Perché se è possibile- benché sconcertante- pensare che quel calcinaccio avrebbe potuto colpire chiunque, nella frequentatissima via Toledo, non è possibile concepire come nessuno -tra chi di dovere- si sia preoccupato della cura di quel rosone e dell’incolumità dei cittadini.
“Mai più” -era stato promesso. Erano partiti immediatamente i lavori di messa in sicurezza della Galleria. Ma il problema dei crolli a Napoli non è ancora stato risolto.
Un mese dopo l’inizio della ristrutturazione in via Toledo, cadono delle pietre da un cornicione in Via Solimena nel quartiere Vomero. Contemporaneamente, aumentano le segnalazioni dei cittadini -spaventati ed ancora dolenti per il giovane Salvatore- per il rischio di crolli al Ponte di Chiaia: “Dobbiamo piangere un nuovo morto per avere un giusto intervento?” La questione fu lasciata sospesa, e la caduta di calcinacci riprese: in un solo mese registrati crolli in Via Cervantes, sul lungomare di Via Caracciolo, in Piazza del Plebiscito.
I media riportano un boom delle richieste e delle proteste dei cittadini, si parla di “psicosi crolli”, ma forse sarebbe stato più giusto descrivere il fenomeno per quello che è: una presa di coscienza dello stato di decadenza nel quale versano palazzi e monumenti della città, e il pericolo che essi comportano.
In via Benedetto Croce le transenne poste a seguito del crollo di una parte del complesso del Monastero di Santa Chiara– unica misura adottata per risolvere la questione- vengono travolte dall’ondata di napoletani e turisti che ogni giorno percorrono la celebre e caratteristica SpaccaNapoli: ancora una volta i residenti fanno sentire la propria voce, ma invano.
Qualche tempo dopo si registra un nuova caduta di detriti a via Toledo, poi a Corso Novara, e ancora nel quartiere Fuorigrotta tra Viale Augusto e Piazza San Vitale, poi a via Egiziaca a Pizzofalcone: i Vigili del Fuoco accorsi sul posto mettono in sicurezza, almeno provvisoriamente, l’area.
Sul finire dello scorso anno, un nuovo incidente coinvolge una donna di 54 anni: mentre passeggiava con sua figlia a Piazza Dante, viene colpita da un calcinaccio in caduta libera. Trasportata in ospedale, la signora riporta solo ferite di lieve entità. Ma torna la paura. E passati appena 10 giorni, un’altra donna rimane ferita da pezzi di intonaco staccatisi da un palazzo in Via Morghen, al Vomero.
L’incuria ed i crolli non risparmiano nemmeno i luoghi nel quali ci si dovrebbe curare, e non ferire: vengono giù pietre anche dal Padiglione Dea dell’ospedale Cardarelli.
Il nuovo anno, complice il maltempo, non riesce ad apportare un miglioramento della situazione: dopo un ennesimo caso a via Arcoleo, una passante viene centrata al piede da una grossa pietra nei pressi dei Gradoni di Chiaia. Colpiti da una vera e propria pioggia di calcinacci anche alcuni viandanti a Via Salvator Rosa.
Un recente attentato alla salute ed alla vita dei cittadini si è avuto poi con il crollo di alcuni pezzi di balcone a Corso Vittorio Emanuele: proprio sotto gli immobili incriminati, una fermata dell’autobus. La caduta delle macerie non risparmia nemmeno gli altri edifici, come ne caso dell’edicola danneggiata alla Riviera di Chiaia, né la provincia: lo scorso mercoledì, a Giugliano, un’insegnate di 40 anni camminava tenendo aperto l’ombrello per proteggersi dalla pioggia senza sapere che l’avrebbe protetta anche dal crollo di calcinacci che avrebbe potuto costarle ben più dei graffi che ha riportato.
La miriade di incidenti, solo alcuni dalla morte del 14enne Salvatore Giordano, danno l’idea di quanto grande la questione ed il pericolo siano a Napoli: i cittadini chiedono interventi, sicurezza, e anche giustizia per il figlio di Partenope morto a causa di una grave negligenza.
I napoletani tutti uniscono la loro voce a quella di Umberto Giordano -padre di Salvatore- che a 240 giorni dalla perdita del figlio minore, di quel bambino che era “la luce del suo nucleo familiare”, non conosce ancora i responsabili della tragedia nella quale è morto anche lui. Insieme a sua moglie, che non esce più di casa, ed ai fratelli di Salvatore.
Umberto esprime la sua frustrazione, non riesce a spiegarsi come suo figlio sia potuto spirare perché qualcuno ha trascurato un pericolo già più volte segnalato, e come sia possibile che la giustizia tardi così tanto ad arrivare: “Se fosse successo ad un turista le cose sarebbero andate diversamente, ne sono certo. Ma è capitata ad un napoletano, e si è fermato tutto”