Seppure una cospicua fetta di mondo e media sia intenta a dipingere Alessandro Siani come un “bullo gigante” per effetto di quella battuta rivolta a un bambino obeso seduto in prima fila, non può e non deve essere offuscata la pregevole, semplice e toccante, pennellata di “essenza di Napoli” confezionata dal “principe abusivo” sul palco dell’Ariston.
Alessandro Siani, napoletano, attore, comico, eppure, ieri sera, sul palco del Festival di Sanremo ha accostato alla sua consueta ed ampiamente conosciuta immagine di instancabile “mitragliatore di satira ed ironia” un’umanità, acuta, sensibile, sincera.
Quella capace di scalfire emozioni nitide e catturare occhi, cuori ed attenzione. Quella che non percorre le piatte e prevedibili curve dei banali luoghi comuni, ma predilige il fascino dell’inesplorato, consegnando emozioni scarne, limpide, spontanee, scevra dal timore d’inciampare in uno scivolone. Quella che, ancora una volta, ha ricordato e ci ha ricordato quanto passionale, energica e vibrante sia l’anima napoletana, l’anima di Napoli, l’anima dei napoletani. Una forza eternamente scalfita nell’immagine di una Piazza del Plebiscito gremita ed illuminata da migliaia di cuori e pregevolmente sottolineata dalle parole di Alessandro Siani: “l’amore è un biglietto d’andata e ritorno: quello che dai, quello ricevi.”
Quell’amore, quell’”essenza di Napoli” emersa in tutta la sua sfrontata, sopraffina e commossa bellezza, ancora una volta, grazie ad un tributo rivolto ad uno dei suoi figli più adorati: l’eterno Pino Daniele.
Quella generosità, umilmente imbastita, tra le crepe dell’anima partenopea, invece, traspare in differita, allorquando Siani ha già lasciato il palco e Carlo Conti ci tiene a rendere noto che l’attore napoletano ha deciso di devolvere il suo cachet a favore delle strutture ospedaliere Santobono di Napoli e Gaslini di Genova.
Eppure, oggi, a dispetto di tutto ciò, Alessandro Siani, si vede insistentemente sottoposti alla gogna mediatica. Anche se, quello stesso Alessandro Siani, ha saputo e voluto schierarsi, con i fatti, non solo dalla parte dei bambini, ma soprattutto di quelli più deboli.