Il feroce e violento destino che ha fagocitato la vita di Petru Birladeanu ci consegnò delle immagini agghiaccianti che non raccontavano solo una tragica morte, ma soprattutto una surreale ed inumana indifferenza.
Petru è il musicista romeno che il 26 maggio del 2009 si è beccato una pallottola indesiderata, allorquando rimase, suo malgrado, coinvolto in una sparatoria, generata dal regolamento di conti tra due clan, all’interno della Cumana di Montesanto.
Oggi sappiamo che quella sparatoria fu un’azione dimostrativa del gruppo camorristico dei Sarno, clan all’epoca egemone nella periferia est di Napoli, volta ad offendere il prestigio del clan dei Quartieri spagnoli, i Mariano, dopo la scarcerazione di uno degli affiliati.
Petru, consumò gli ultimi attimi della sua vita suonando nell’atrio della stazione, inconsapevole che quella sarebbe stata “la sua ultima canzone”. L’avrebbe scelta con più scrupolo, l’avrebbe suonata con più partecipazione.
Petru era uno di quei manichini sorretti dall’ingegno e dalla buona volontà che, animati da musica e speranza, macinano viaggi in metro, occhiatacce, borbottii, sfottò, ritornelli in un italiano arrangiato e perfino in dialetto napoletano, pur di compiacere i nostri timpani ed intenerire i nostri severi volti, tramutando un broncio in un accenno sorriso.
Perché, talvolta, un segno o segnale di distensione, vale più di una moneta.
È sempre consono ricordarlo.
Petru, quel giorno, è stato chiamato a recitare in una reale scena da far west urbano, in pieno giorno, in un luogo assediato da centinaia di persone.
Tutti abbiamo percorso, percorriamo e percorreremo quella stazione per rincorrere un treno. Chiunque poteva trovarsi al posto di Petru.
Petru poteva essere chiunque, ma nessuno si è riconosciuto in Petru, perché nessuno ne ha avuto compassione e ha saputo o voluto prestargli soccorso.
Quello che desta maggiore sconcerto in merito alla sua cruenta morte, infatti, viene consegnato dalla sequenza choc ripresa dalle telecamere di videosorveglianza della Cumana.
Petru ucciso dalle pallottole e schiacciato dall’indifferenza dei passanti che ne scavalcano il corpo cercando una via di fuga, mentre la sua compagna partorisce urla di terrorizzata disperazione.
Al corpo di Petru, tuttavia, è stata consegnata la sentenza della giustizia terrena: tre condanne definitive, con sentenza della Corte di Cassazione.
Secondo i giudici, Marco Ricci, Maurizio e Salvatore Forte, partiti da Ponticelli per attuare l’agguato nel cuore di Napoli, furono mandanti ed esecutori di quell’azione criminale: trent’anni di carcere la pena stabilita. Riconosciuto anche il danno d’immagine al Comune di Napoli.
Ma la canzone lasciataci in eredità da Pedru ci ha davvero insegnato qualcosa?