” Il lavoro rende liberi”. La targa/ beffa è stata rubata nuovamente, questa volta dal campo di concentramento di Dachau in Germania. La polizia brancola nel buio e nulla si sa degli autori.
Stando alle prime ricostruzioni, il furto sarebbe avvenuto tra le 23.45 e le 5.30 del mattino, approfittando del cambio di turno della sicurezza. I criminali avrebbero sdradicato la scritta dal cancello cui è incorporata. Ci si chiede se sia opera di neonazisti.
La scritta, che palesemente sintetizza la menzogna di questi luoghi, è stata rubata già nel 2009 dal campo di concetramento di Auschwitz : ritrovata pochi giorni dopo, la storia si è conclusa con l’ arresto di tre neonazisti svedesi e due criminali comuni che avevano agito per conto di un “nostalgico” collezionista svedese, Anders Hoegstroem.
Immediate le reazioni di sdegno. Per Gabrielle Hammerman, la direttrice del museo di Dachau, “è un crimine ed una profanazione insieme”.
Rubare in un luogo dove è preservata la memoria, è come rubare la memoria stessa dell’ umanità, è un insulto.
A Dachau, il primo campo di concentramento nazista, aperto nel 1933 e rimasto attivo al 1945, si calcola che oltre 200.000 persone, principalmente ebrei, siano state rinchiusi e 41.500 siano state uccisi.
Non è la prima volta che ci si fa beffa del campo di concentramento. Alcuni anni fa una catena di ipermercati americani mise in vendita un puzzle del luogo in questione. I pezzi, che contenevano persino la foto dei forni crematori, erano stati inseriti nella categoria” giocattoli per bambini dagli 8 anni in su”.