Marco Marfè è il cantante neomelodico che con quel provino, diventato, ormai, un cult, per il talent show televisivo “X-factor” seppe ergersi ad icona trash dei più acerbi figli del “Paese d’ ‘o sole”, il “nuovo mostro” per eccellenza di quel modo popolare ed, al contempo, impopolare di fare musica.
Quello stesso Marco Marfè finito nuovamente sulle pagine dei giornali, non per le sue “gesta artistiche”, bensì, stavolta, per quelle camorristiche, in quanto arrestato, qualche giorno fa, con l’accusa di estorsione.
Stando alla ricostruzione degli inquirenti, il cantante partenopeo, insieme alla madre, gestiva un giro di estorsione, nell’ambito del quale, la donna fungeva da mente e il ragazzo tutto cresta e basettoni era “il braccio”: il picchiatore.
Proprio lui, quello al quale rischiavano di cascare i pantaloni, mentre, immortalato dalle telecamere della tv nazionale, intonava “Gelato al cioccolato” di Pupo, scatenando l’ilarità di Simona Ventura.
Marfè, ora come allora, in realtà, rappresenta uno stereotipo di Napoli piuttosto opinabile, innegabilmente diffuso, ma tutt’altro che emulato.
Qualcosa nell’ideologia delle nuove generazioni sta sensibilmente cambiando, infatti.
Ad onor del vero, la percentuale di “follower dell’ideologia insita in quello status” è in netto calo rispetto agli anni passati e, soprattutto, rispetto alla percentuale di giovani che preferiscono credere e dimostrare che “Napoli è anche altro”.
L’emblema di questo concetto va ricercato in una frase pronunciata dallo stesso Marfè, nel corso di quel famigerato provino, allorquando gli viene furbescamente chiesto, con lo scaltro intento di implementare l’audience, di cantare un pezzo in inglese: “A Napoli stiamo provando ad imparare un po’ d’inglese!”
E quella Napoli che parla correttamente la lingua italiana ed anche l’inglese, quella stessa che non si rispecchia nei “matrimoni napulitan”’ del “Boss delle Cerimonie”, quella che soccombe, ma non picchia, non resta da fare altro che scuotere il capo, in attesa del giorno in cui, a finire sotto le luci dei riflettori, sia uno di quei volti capaci di sottolineare che “Napoli può e sa essere anche altro”.
In attesa di quel giorno, ha senso puntare i riflettori su un dato di fatto che deve far riflettere: in seguito all’avvenuto arresto del cantante neomelodico, il “video d’oro” che ne immortala le gesta nell’ambito della sua partecipazione ai provini di “X-Factor” è stato rimosso da YouTube e risulta di proprietà di chi ha saputo “accaparrarselo”, quasi come se un arresto potesse fungere da trampolino di lancio del quale avvalersi per rilanciare immagini e gesta di Marfè e racimolare altri scampoli di audience, visualizzazioni, follower, like e cattivo gusto.
Anzi, non “quasi come se”.
È proprio così.
È proprio quello che sta accadendo.
E “il Festival del trash” continua, tristemente, a tenere banco.