“Essere anziano” talvolta è una condizione che assume i tratti somatici di un ingiusto dramma che si consuma nel malinconico e disagevole quadro della solitudine.
“Essere anziano” comporta, tanti, forse troppi e più o meno noti, disagi.
L’ennesima truffa, quella sgomenta dai carabinieri di Genova e Novara, me è la triste riprova.
Una Banda di Rom, raggirava anziani e persone sole in Italia, Europa e Stati Uniti.
Cercavano sugli elenchi telefonici persone dal nome antiquato, confidando, quindi, che fossero anziane e sole.
“Ernestina” o “Amilcare”: non scopriamo essere più semplici ed obsoleti nomi, ma insospettabili talloni d’Achille che fungevano da varco da violare, per irrompere in quelle canute vite e spillargli denaro.
Si spacciavano per i nipoti delle persone che contattavano, camuffando la voce, e cercavano di convincerle a consegnare il denaro a un loro incaricato, pena la perdita di un affare importante. Spesso arrivavano ad utilizzare anche toni quasi intimidatori.
Il sentimento che, più di ogni altro, si rivela capace di allungare la vita, allorquando si appresta a volgere al tramonto, è quello che un nonno nutre per il nipote, per il quale farebbe qualsiasi cosa e al quale, soprattutto, darebbe qualsiasi cosa.
Quei malviventi hanno fatto leva proprio su quello: l’amore assoluto, sincero ed incondizionato, tristemente manomesso da truffaldine mani, fino ad imporgli di assumere gli impropri e riprovevoli tratti della truffa.
I risparmi di una vita, quelli guadagnati, nella stragrande maggioranza dei casi, con il sudore della fronte, lavorando duramente e macinando sacrifici e rinunce, il bottino al quale i malviventi ambivano.
Ai nipoti non si dice mai di no. Perché loro devono avere tutto ciò di cui un nonno si è privato, perché il sorriso di un nipote non ha prezzo.
Abusare dei più deboli, sopraffare con l’inganno e la laboriosa arte del raggiro le anime più fragili ed indifese, non si può frettolosamente archiviare sotto il nome di “truffa”, perché è molto più di un “semplice” reato.