Una vasta operazione della Polizia di Stato di Napoli ha portato allo smantellamento di una banda specializzata in rapine e furti organizzati con metodi sia tradizionali sia tecnologicamente avanzati. Gli investigatori parlano di un gruppo strutturato, con ruoli definiti — organizzatori, “piazzisti”, basisti e uomini d’azione — che da tempo operava nell’area metropolitana partenopea colpendo appartamenti, negozi e attività commerciali.
Il meccanismo: facchini umani e tecnologia per aprire le porte
Secondo la ricostruzione della questura, il metodo criminale combinava violenza e ingegno digitale. Le vittime, persone spesso vulnerabili o con precedenti di marginalità, venivano adescate e usate come “facchini”: convinte con raggiri o ricatti a trasportare merci di copertura, accompagnare gli autori ai luoghi dei colpi o nascondere refurtiva. In alcuni casi i malcapitati venivano tenuti a disposizione del gruppo come “chiavi viventi” per giorni, fino al successivo intervento.
Al fattore umano si aggiungeva una componente tecnologica particolarmente sofisticata: i rapinatori sarebbero riusciti a riprodurre chiavi meccaniche e elettroniche partendo da immagini o da file digitali, elaborati con software di modellazione e inviati a piccoli dispositivi di fresatura portatili. In altre parole, non serviva più rubare la chiave originale: bastava una foto o una scansione del profilo della serratura per ottenere una copia funzionante. Lo stesso sistema è stato utilizzato per ricreare badge e telecomandi di accesso ad attività commerciali.
Come agivano: pianificazione e spartizione dei ruoli
Le indagini hanno evidenziato una precisa suddivisione dei compiti: osservazione e pre-mappatura, squadre dedicate monitoravano target, identificavano orari di assenza e punti di ingresso, acquisivano immagini per la duplicazione delle chiavi. Reclutamento e controllo di vittime: persone vulnerabili venivano avvicinate con promesse di lavoro o con minacce, e poi impiegate come corrieri o “facchini” nelle fasi di ripulitura dei locali. Esecuzione delle rapine: team rapidissimi, che entravano, svuotavano cassette e scaffali, caricavano la merce su furgoni e si dileguavano in rotte prestabilite. Ricettazione e smistamento: la refurtiva — elettronica, abbigliamento, gioielli, denaro contante — veniva ricondotta a magazzini controllati dal gruppo e poi venduta attraverso canali di ricettazione locali e online.
Sequestri e arresti
Nel corso dell’operazione la Polizia ha eseguito diverse perquisizioni e sequestri: mezzi utilizzati per i colpi, utensili per lo scasso, dispositivi elettronici (pc, hard disk, smartphone), macchine per la fresatura e attrezzature per la riproduzione delle chiavi, nonché ingenti quantità di merce provento di furto. Diverse persone sono state fermate e sono al momento indagate per reati che vanno dall’associazione per delinquere finalizzata alla rapina e al furto, alla riduzione in schiavitù o comunque allo sfruttamento di persone per la commissione dei reati, fino alla ricettazione.
La Polizia ha reso noto che le attività investigative — condotte anche mediante intercettazioni, acquisizione di dati digitali e servizi di osservazione — hanno permesso di documentare decine di episodi riconducibili alla stessa organizzazione. Le misure cautelari e i fermi sono stati disposti a fronte di gravi indizi raccolti dagli inquirenti.
Il danno per le vittime e il ruolo della tecnologia
Oltre alla perdita economica, molte delle vittime hanno raccontato lo shock psicologico per essere state usate come pedine e per il senso di violazione della propria casa o attività. La duplice minaccia — criminalità “di strada” e abilità tecnologiche — ha reso più complessa la protezione di abitazioni e negozi: non basta più custodire la chiave fisica, perché una semplice immagine pubblicata sui social o ripresa da una telecamera può bastare a mettere in moto la catena del furto.
Gli inquirenti hanno rivolto un avvertimento ai cittadini: evitare di pubblicare foto che mostrino dettagli di serrature, badge o chiavi; segnalare al più presto qualsiasi tentativo di adescamento o di offerta di lavoro sospetta; rafforzare misure di sicurezza come serrature elettroniche con doppia autenticazione o sistemi di sorveglianza certificati.
Il quadro giudiziario e le indagini in corso
L’inchiesta — ancora aperta — punta ora a ricostruire l’intera filiera della ricettazione e ad accertare eventuali complicità esterne, anche a livello transnazionale per la vendita di merci sottratte. Gli indagati rischiano pesanti contestazioni penali; gli elementi raccolti saranno ora valutati dall’autorità giudiziaria che dovrà decidere sulle eventuali misure cautelari durature.
Il caso mette in luce come il crimine si stia rapidamente adeguando alle possibilità offerte dalla tecnologia: dalle stampe 3D e dalla modellazione digitale alla miniaturizzazione degli utensili per la lavorazione meccanica.









