Il 28 ottobre 1987 a Avola, nel Siracusano, avvenne un attentato mafioso gravissimo: il custode notturno di uno stabilimento per la trasformazione degli agrumi, Paolo Svezia, di 53 anni, fu dilaniato da un’esplosione di oltre 20 chili di dinamite.
Lo stabilimento, della ditta Fratelli Fugali Srl, sorgeva in contrada Zagaria, circa 3 km dal centro di Avola. Era stato da poco ultimato e non aveva ancora iniziato l’attività produttiva.
La notte tra il 28 e il 29 ottobre, un ordigno esplosivo — circa 20 kg di dinamite — fece saltare un’ala intera dell’edificio. Un’altra carica di pari entità, piazzata in un punto strategico vicino a una trave portante, non esplose.
Svezia, che alloggiava nell’ala dello stabilimento, fu probabilmente sorpreso mentre dormiva e non ebbe scampo: i suoi resti furono rinvenuti sparsi nell’area adiacente all’edificio.
Secondo le ricostruzioni, l’attentato fu la risposta del racket delle estorsioni nei confronti dei titolari dell’azienda, ritenuti colpevoli di essersi rifiutati di pagare il pizzo.
Nelle successive indagini emerse anche una possibile trattativa per imporre alla ditta di interrompere parte della produzione, favorendo una concorrente al di fuori della provincia.
Il caso rimane uno degli esempi più tragici di vittima innocente del racket: un lavoratore — custode, poco più che assunto — che paga con la vita uno scontro ai vertici del potere mafioso.
Nonostante gli anni trascorsi, l’omicidio di Paolo Svezia è spesso ricordato nelle iniziative scolastiche e civiche siciliane dedicate alle “vittime innocenti delle mafie”.
Nel 2020 la Procura di Catania chiese una nuova archiviazione per il fascicolo sull’attentato, dopo anni di indagini senza una svolta decisiva.









