Il 27 ottobre 1972, a Ragusa, il giovane giornalista Giovanni Spampinato fu assassinato a soli 25 anni. Corrispondente per L’Ora di Palermo e l’Unità, Spampinato si era distinto per le sue inchieste sul neofascismo e sui legami tra gruppi di estrema destra e la criminalità organizzata nella Sicilia sud-orientale.
Fu ucciso con sei colpi di pistola mentre si trovava nella sua Fiat 500. A sparare fu Roberto Campria, figlio dell’allora presidente del Tribunale di Ragusa, Saverio Campria. Dopo l’omicidio, Campria si costituì spontaneamente, dichiarando di aver agito in un impeto d’ira. Nel 1975, fu condannato a 21 anni di reclusione, pena poi ridotta a 14 anni in appello. Scontò 8 anni nel manicomio di Barcellona Pozzo di Gotto prima di essere rilasciato.
Le indagini rivelarono che Spampinato stava indagando sull’omicidio del commerciante di antiquariato Angelo Tumino, avvenuto nel febbraio dello stesso anno. Spampinato aveva ipotizzato collegamenti tra l’omicidio di Tumino e figure legate all’estrema destra, tra cui Campria, e aveva denunciato la presenza a Ragusa di Stefano Delle Chiaie, noto esponente dell’eversione nera.
L’omicidio di Giovanni Spampinato rappresenta una delle pagine più oscure della storia del giornalismo italiano. Nonostante le indagini e le condanne, rimane il sospetto che dietro il delitto vi fossero interessi più ampi legati alla protezione di ambienti mafiosi e neofascisti. Il caso evidenziò anche la difficoltà di fare luce su crimini che coinvolgono figure istituzionali e poteri locali consolidati.
Oggi, Giovanni Spampinato è ricordato come simbolo di coraggio e impegno per la verità.
Nel 2007, gli è stato conferito il Premio Saint Vincent per il giornalismo alla memoria.
La sua figura continua a ispirare giornalisti e cittadini impegnati nella lotta contro la criminalità e per la difesa della libertà di stampa.









