Questa mattina, mercoledì 11 settembre, numerose famiglie residenti nell’ex Motel Agip di Secondigliano hanno occupato gli ingressi del Consiglio Comunale di Napoli, per chiedere che si mantengano gli impegni presi nei mesi scorsi. Il fulcro della protesta è lo sgombero che il Comune ha fissato dopo il 20 settembre, previsto senza che siano state garantite alternative abitative o accoglienza programmata.
Nel comunicato stampa diffuso dalle famiglie e dalla “Campagna per il diritto all’abitare” si leggono chiaramente le loro rivendicazioni:
Diritto alla casa: le famiglie affermano che dal Comune non arrivano soluzioni concrete, ma solo la minaccia di sgombero.
Rispetto degli impegni presi: ci sono promesse fatte nei mesi precedenti che non sarebbero state onorate e che ora si trasformano in scadenze senza vita per le persone coinvolte.
No a soluzioni insufficienti: l’ipotesi di un contributo una tantum è considerata del tutto inadeguata.
Condizioni di vita estreme e discriminazione abitativa: molte famiglie abitano lì da decenni, il motel versa in condizioni fatiscenti, e nessuno accetterebbe di vivere in case simili se avesse alternative economiche.
La frase-chiave che ricorre nel comunicato è: «Non siamo una discarica sociale di cui disfarsi, Sindaco abbiamo diritti!»
L’ex Motel Agip ospita decine di famiglie da molti anni, alcune da 22 anni come riportato nella protesta, che non hanno mai ricevuto un alloggio popolare pur avendo presentato domande.
Le condizioni strutturali dello stabile sono descritte come degradate: infiltrazioni, rifiuti, problemi igienico-sanitari, presenza di amianto, ambienti frequentati da animali infestanti, impianti in cattivo stato.
Anche lo stato sociale degli abitanti è variegato: ci sono bambini, anziani, persone fragili, famiglie monoreddito e nuclei che non trovano alternative sul mercato privato degli affitti.
I comitati per il diritto alla casa già da tempo chiedono che non vengano eseguiti sgomberi senza soluzioni dignitose, alternative vere che siano abitative o di accoglienza programmata.
Fra le proposte che sono circolate, ci sono la possibilità di prefabbricati, container abitativi; ma molte famiglie segnalano che queste soluzioni tardano ad arrivare o sono dichiarate, ma non realizzate in tempi certi.
Le famiglie chiedono un tavolo di confronto urgente con il sindaco o con le istituzioni competenti, per stabilire un piano operativo condiviso, concreto e rispettoso della dignità di chi vive lì.
Il Comune avrebbe fissato la data del 20 settembre come termine dello sgombero, ma restano dubbi su cosa accadrà dopo: dove andranno queste famiglie? Quali soluzioni abitative sono pronte o pronte entro quella data?
Diverse famiglie denunciano che le alternative prospettate in passato (casette prefabbricate, container, altre strutture) sono insufficienti o non concretizzate. L'”una tantum” come contributo economico viene percepito come non risolutivo.
Il degrado, le condizioni di rischio strutturale, la mancanza di manutenzione, rappresentano non solo un problema abitativo, ma un’emergenza sociale e sanitaria.
Le famiglie affermano di sentirsi discriminate, come se i loro diritti fossero meno importanti perché abitano in un luogo marginale, lasciato al degrado.
Il Comune ha riconosciuto l’esistenza del problema dell’emergenza abitativa nella città, inclusi casi come l’ex Motel Agip.
Alcune dichiarazioni istituzionali parlano dell’impegno a trovare soluzioni alternative, ma non è chiaro se tutte le promesse hanno tempistiche definite.
Il Comune pare definire alcune famiglie “incollocabili” sul mercato privato degli affitti, il che significa che, anche se ci fosse disponibilità economica, per vari motivi (discriminazione, bassa redditività per i proprietari, condizioni dell’immobile) è difficile trovare un alloggio.
La protesta delle famiglie dell’ex Motel Agip rappresenta oggi una cartina di tornasole delle sfide che Napoli, come molte grandi città, sta affrontando sul fronte abitativo: emergenza affitti, case vuote, speculazione immobiliare, disuguaglianza nel diritto alla casa.
Se da un lato le famiglie chiedono solo di non essere “discarica sociale”, di essere riconosciute come cittadini con pari diritti, non come problema di ordine pubblico, dall’altro è evidente che per amministrazione e giunta comunale il tema non può restare più rinviato: serve un piano concreto, condiviso, trasparente, che coinvolga i destinatari prima che le scadenze si trasformino in sgomberi senza alternative.