Nel corso della mattina di giovedì 26 giugno le forze dell’ordine hanno eseguito lo sgombero di un edificio occupato abusivamente nel quartiere di Ponticelli, nel Comune di Napoli. L’immobile era diventato un vero e proprio simbolo del potere criminale del clan egemone nella zona: i De Martino, storica famiglia camorristica che per decenni ha imposto le proprie leggi anche ai cittadini estranei alle dinamiche malavitose, esercitando pieno controllo sulle famiglie locali e gestendo una rete di clientelismo e intimidazioni. Proprio per questo motivo l’operazione eseguita dalle forze dell’ordine e che ha visto impiegato 200 unità tra polizia, carabinieri, polizia municipale e vigili del fuoco, su input della DDA e della Prefettura di Napoli ha assunto un importantissimo valore simbolico, finalizzato a ridimensionare l’egemonia del clan, già fortemente rimaneggiato dai recenti arresti e soprattutto da una serie di collaborazioni eccellenti.
Il protagonista indiretto della vicenda è Giovanni Braccia, ex figura di rilievo del clan De Martino che, in seguito al suo arresto, avvenuto lo scorso ottobre, ha scelto di dissociarsi per iniziare a collaborare con la giustizia.
A riprova del pericoloso mix alimentato da paura e rancore che serpeggia tra i reduci del clan che evidentemente, alla luce dello sgombero della palazzina e del conseguenziale impatto che quell’azione sortirà sulla credibilità dell’organizzazione, non si è fatta attendere la reazione di chi vive la collaborazione di Braccia come una tangibile minaccia.
Una replica giunta sui social, in coda ai tanti contenuti divulgati per raccontare l’importante operazione eseguita in uno dei luoghi simbolo della camorra di Ponticelli. Un messaggio che punta il dito contro i familiari di Braccia, ancora residenti nel quartiere per chiedere che anche loro abbandonino le loro abitazioni. Una richiesta che nel gergo camorristico assume un significato ben preciso: non di rado, anzi, puntualmente, i parenti degli “infami”, i pentiti che con le loro dichiarazioni sono destinati ad inguaiare le sorti di coloro con i quali un tempo erano in affari, devono essere vessati e umiliati, non solo per compiere un’azione ritorsiva e vendicativa, ma anche per inscenare un’azione dimostrativa finalizzata a preservare la rispettabilità del clan. Per questo motivo vengono costretti a lasciare le case in cui vivono, nella maggior parte dei casi praticando le cattive maniere. La camorra vive di messaggi e simbologie che si tramandano tacitamente da sempre e che mirano a cancellare ogni traccia del “traditore”, non risparmiando nulla ai suoi familiari, soprattutto per punire la macchia del disonore scaturita da quella decisione destinata a sortire conseguenze inaspettate e probabilmente devastanti per il clan, proprio come sta accadendo attualmente a Ponticelli, per effetto delle dichiarazioni rese da Braccia.
A chiedere che i parenti di Braccia vengano allontanati dai loro alloggi è la moglie di Vincenzo Sollazzo, consigliere municipale e gestore di un CAF e patronato, ma soprattutto braccio destro del neocollaboratore di giustizia. Sollazzo, stando all’ampia documentazione fornita da Braccia alla direttrice di Napolitan.it. la giornalista Luciana Esposito nei mesi precedenti all’arresto, è la persona incaricata a regolarizzare lo status degli occupanti abusivi che hanno elargito una somma di denaro al clan per prendere possesso di un alloggio popolare.
A 24 ore dallo sgombero, i termini e i toni utilizzati dalla moglie di Sollazzo assumono una connotazione allarmante e inequivocabile: intimidire o colpire i familiari di Braccia ancora residenti a Ponticelli.
E’ evidente che lo sgombero dell’edificio di cui si erano impadroniti i De Martino ha segnato un punto di svolta nel quartiere, ma ha anche innescato una tensione palpabile. L’entrata in azione delle istituzioni manda il segnale giusto, ma al tempo stesso alimenta reazioni violente da parte di chi ha tutto da perdere e vede nella collaborazione con la giustizia di Braccia una minaccia concreta.
La comunità locale osserva con preoccupazione: molti residenti guardano con speranza all’azione delle istituzioni, ma temono ritorsioni e recrudescenze da parte del clan.
Il destino di Ponticelli dipende ora dal bilanciamento tra fermezza istituzionale e rischio di reazioni violente dall’interno del mondo criminale. La dichiarazione della moglie di Sollazzo – a viso aperto – è una chiara presa di posizione: la criminalità teme la presenza dello Stato e mira a imporre immediatamente le sue regole.