Le cronache giudiziarie tornano a raccontare il volto più oscuro dell’economia campana. Il maxi-blitz antimafia dello scorso 11 giugno, coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze e condotto dalla Guardia di Finanza, ha portato al sequestro di un intero complesso immobiliare a Volla: un hotel, palestra, centro estetico e altri locali commerciali. Il valore stimato dell’operazione supera i 23,5 milioni di euro.
Il cuore dell’inchiesta è rappresentato dal sistema di frode fiscale e riciclaggio messo in piedi tramite l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, fondi poi fatti confluire in società di comodo e reimpiegati in attività “ripulite” sul piano formale.
Il sequestro preventivo anche per equivalente è stato eseguito su un patrimonio valutato in 23.474.252,40 euro . La misura, emessa dal Gip del Tribunale di Firenze, è parte di un’indagine iniziata nei mesi precedenti, che a gennaio aveva già portato a 17 misure cautelari (tra carcere, domiciliari e interdizioni) e sequestri per circa 30 milioni.
Il cuore dell’operazione è un complesso immobiliare a Volla, formalmente intestato a una rete di prestanome ma di fatto riconducibile a uno degli indagati. Si tratta di un’area polifunzionale composta da: un albergo; impianti sportivi (inclusa una palestra); vari locali commerciali e un centro estetico.
Le indagini hanno rilevato che i proventi di una frode fiscale – tramite fatture per operazioni inesistenti – sono stati investiti nell’acquisto e nella gestione dell’immobile. Parte dei fondi è stata inoltre utilizzata per coprire passività legate a una procedura concorsuale del Tribunale di Nola, passando attraverso una società immobiliare con sede in San Marino.
Gli indagati sono sospettati di frode fiscale, riciclaggio e associazione a delinquere.
Un amministratore giudiziario è stato nominato per gestire i beni sequestrati, mentre l’azione di sequestro per equivalente estende il blocco anche a proprietà di pari valore. La Procura di Firenze ha sottolineato la necessità di tutelare la concorrenza legale e spezzare le catene economiche della criminalità.
L’operazione riflette un modello già emerso in altre inchieste: fondi illeciti raccolti tramite frodi fiscali, società fittizie e prestanome, reinvestiti nell’economia reale – in particolare in settori come costruzioni, turismo e benessere – per sanare debiti e ottenere potere economico.
Lo stesso comune vesuviano era già finito sotto i riflettori anni fa, quando nel 2018 un’inchiesta giornalistica e un esposto firmato da un gruppo di attivisti anonimi accendevano i riflettori su un altro grande progetto immobiliare della zona: il complesso “Futurama”.
“Il tempio dell’illegalità”: così veniva definito il complesso “Futurama” in un documento indirizzato nel 2018 al Procuratore della Repubblica di Nola, alla DDA di Napoli, ai carabinieri di Volla, al commissario prefettizio e al responsabile dell’ufficio tecnico comunale.
Oggetto dell’esposto era la presunta origine illecita dei fondi usati per la costruzione del centro. Secondo quanto denunciato, il progetto sarebbe stato finanziato da Renato Smimmo, indicato nel documento come pluripregiudicato camorrista, condannato nel 2004 dalla Corte d’Appello di Napoli per associazione mafiosa, in relazione a fatti avvenuti tra la fine degli anni ’90 e i primi 2000. Smimmo, secondo gli inquirenti, avrebbe avuto legami diretti con il clan Veneruso, a sua volta affiliato ai Mollo di Casalnuovo. L’uomo risulterebbe inoltre condannato per rapina, ricettazione, sequestro di persona e detenzione illegale di armi.
Secondo l’esposto, per aggirare il rischio di misure di prevenzione patrimoniali, Smimmo avrebbe designato la moglie come socia dell’architetto Vincenzo Viscovo, versando oltre due milioni di euro nella società intestata formalmente alla donna.
A segnalare le presunte irregolarità fu un misterioso movimento civico che, già da tempo, denunciava pubblicamente le speculazioni edilizie e il clima torbido che avvolgeva numerosi progetti nel territorio di Volla. Impossibile risalire all’identità dei suoi componenti. Tuttavia, la pubblicazione dell’esposto aumentò la tensione nei comuni vesuviani limitrofi.
Nel mirino anche una recinzione abusiva: ai proprietari del Futurama, secondo il documento, sarebbe stato permesso di privatizzare un’area di parcheggio pubblico, a pochi metri dal comando della polizia municipale, dove sono ospitati anche un bar e una rosticceria.
Un’ulteriore prova del nervosismo scaturito dalla vicenda si manifestò quando l’architetto Viscovo chiese alla direttrice di Napolitan.it di rimuovere l’articolo in cui riportava le notizie che lo riguardavano, minacciando una querela, la sua richiesta però non fu assecondata.
A distanza di anni, le dinamiche denunciate in quell’occasione sembrano ripetersi su scala più ampia. L’indagine fiorentina ha ricostruito un sistema analogo, basato su flussi finanziari sospetti, società offshore, prestanome e immobili formalmente legali, ma sostanzialmente alimentati da fondi illeciti.
Le cronache dimostrano che l’infiltrazione camorristica nell’economia legale non è episodica, ma strutturale, specie nei territori dove edilizia, affari e corruzione si fondono. L’ombra della criminalità organizzata si muove sotto forma di società, progetti imprenditoriali e investimenti apparentemente leciti.