Nel racconto collettivo della strage di Capaci, il 23 maggio 1992, accanto al nome di Giovanni Falcone, troppo spesso si dimentica quello di Francesca Morvillo, sua moglie, magistrata di altissimo livello e unica donna della magistratura italiana uccisa in un attentato mafioso. Eppure, Francesca non era solo la “moglie di Falcone”: era una professionista rigorosa, riservata, dotata di grande umanità e determinazione. Il suo sacrificio è parte integrante di quella storia di giustizia e coraggio che ha segnato l’Italia repubblicana.
Francesca Morvillo nasce a Palermo il 14 dicembre 1945, in una famiglia legata al mondo della giustizia: il padre era presidente del Tribunale per i minorenni. Dopo la laurea in giurisprudenza, conseguita con il massimo dei voti e la lode, si dedica con passione alla carriera di magistrato. È stimata per la sua competenza, tanto da ricoprire il ruolo di sostituto procuratore presso il Tribunale per i minorenni di Palermo, e successivamente consigliere della Corte d’Appello.
La sua attività si concentra soprattutto nella tutela dei minori e delle fasce deboli della società. Chi la ricorda, la descrive come una donna di grande sensibilità, sempre pronta a unire fermezza e comprensione, e a dare ascolto a chi non aveva voce.
Francesca conobbe Giovanni Falcone all’inizio degli anni ’80. Entrambi separati, si innamorarono condividendo non solo l’amore ma anche una visione profonda della giustizia. Si sposarono nel 1986, in forma privata. La loro relazione fu costruita nel silenzio e nella discrezione, sotto la minaccia costante di chi li voleva morti.
Morvillo sapeva bene il rischio che correva stando accanto a un uomo che sfidava Cosa Nostra ogni giorno. Ma non si è mai tirata indietro. Ha condiviso con lui la solitudine, la pressione, la vita blindata, dimostrando un coraggio che non ha mai cercato visibilità.
Il 23 maggio 1992, Francesca viaggiava insieme al marito da Roma a Palermo. All’uscita dall’aeroporto di Punta Raisi, lungo l’autostrada A29, l’auto su cui viaggiavano – una Fiat Croma grigia – fu colpita in pieno da 500 kg di tritolo fatti esplodere da Cosa Nostra. Morvillo fu l’unica della vettura a non morire sul colpo, ma morì poco dopo all’ospedale.
Con loro persero la vita anche gli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Francesca aveva 46 anni. Il suo volto, segnato dalla dolcezza e dalla forza, è diventato un simbolo silenzioso di quel giorno di sangue.
Nonostante la sua importanza, Francesca Morvillo è spesso dimenticata nei racconti pubblici della strage. Ma negli ultimi anni, molte scuole, piazze, iniziative culturali e civiche hanno cominciato a restituire dignità e memoria alla sua figura. A lei è intitolato anche l’Istituto Tecnico Economico “Morvillo-Falcone” di Brindisi, tragicamente colpito da un attentato nel 2012.
Il suo nome vive anche nella Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, che porta avanti la memoria della coppia e promuove percorsi educativi e culturali contro la mafia.
Francesca Morvillo fu una donna coraggiosa, una magistrata preparata, una compagna fedele nella vita e nella battaglia civile. La mafia l’ha uccisa per colpire Giovanni Falcone, ma il suo sacrificio non è stato vano. La sua memoria ci ricorda che dietro ogni grande uomo della legalità, ci sono spesso altre figure straordinarie che lottano, resistono, e a volte muoiono in silenzio, per un Paese migliore.