È passato un anno da quando Gaetano Di Vaio ha perso la sua battaglia più importante, quella che lo aveva tenuto in bilico tra la vita e la morte per una settimana, dopo un incidente in scooter. Il tempo, pur scorrendo inesorabile, non è riuscito a colmare il vuoto che ha lasciato nel cuore di chi lo ha conosciuto e nel mondo dell’arte e dell’impegno civile.
Produttore, attore, regista, ma prima di tutto uomo con un passato difficile e una volontà incrollabile di riscatto, Gaetano è stato molto più di un volto del cinema. La sua è stata una voce che parlava dal basso, dalla strada, dalle periferie invisibili. La sua missione era dare una possibilità a chi, come lui, aveva conosciuto il carcere, l’emarginazione, l’abbandono.
Fondatore della casa di produzione Figli del Bronx, ha dato spazio e voce a una generazione di talenti “irregolari”, trasformando storie di dolore in forza narrativa. Con film come Take Five, Gomorra – La Serie e con tanti documentari impegnati sul sociale, ha fatto del cinema un’arma di riscatto e consapevolezza.
Il suo impegno non si è mai fermato alla macchina da presa: Gaetano era presente nelle scuole, nelle carceri minorili, nei centri sociali. Parlava con i ragazzi, raccontava la sua storia, li spingeva a scegliere un’altra strada. Non predicava, mostrava con la sua vita, portando la sua testimonianza tra i giovani che un’alternativa era possibile.
A un anno dalla sua scomparsa, resta la sua lezione: non arrendersi mai al destino scritto da altri. Resta il suo esempio, scolpito nei volti e nei sogni di chi continua a portare avanti i suoi progetti.
Gaetano Di Vaio era luce nei luoghi bui. E quella luce, oggi, rappresenta un’eredità preziosa per questa società così povera di idee ed ideali. Un’eredità della quale fare tesoro, perché certi uomini non se ne vanno davvero. Restano nei sogni che hanno acceso. Seppure non abbia ricevuto dalle istituzioni il doveroso riconoscimento, non solo in occasione dei funerali, ma soprattutto nell’arco dei 12 mesi trascorsi da quel triste giorno, il suo esempio, la sua testimonianza, la traccia vitale che ha lasciato nell’anima identitaria di questa città avrebbe dovuto scuotere le coscienze, avrebbe meritato un tributo, un riconoscimento che, invece, non è pervenuto.
I suoi set non erano solo luoghi di lavoro, ma spazi di trasformazione umana. Chi lo ha conosciuto racconta di un uomo che sapeva ascoltare, che sapeva accogliere e che, pur restando sempre se stesso, aveva imparato a stare ovunque: dal rione al red carpet, dai vicoli ai festival.