Un’infiltrazione silenziosa, ma sistematica, nel cuore economico della Toscana. È questo lo scenario delineato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze che ha smascherato il tentativo dei vertici del clan camorristico Sarno di riorganizzare la loro rete criminale nel centro Italia, attraverso attività economiche illecite e metodi mafiosi.
L’operazione, condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Firenze – GICO, sotto il coordinamento dei magistrati antimafia Luca Tescaroli (ora procuratore capo a Prato) e Leopoldo De Gregorio, ha portato all’esecuzione di dodici misure cautelari: cinque arresti in carcere, cinque ai domiciliari e due interdizioni temporanee da incarichi direttivi. Contestualmente, sono stati sequestrati beni e conti correnti per un valore complessivo di 990.206,51 euro.
Dietro le sbarre sono finiti Ciro Sarno, detto “o’ sindaco”, i fratelli Vincenzo (alias Cavalluccio) e Pasquale (detto Gio-gio), il cugino Giuseppe (noto come Caramella) e Antonio, figlio di Ciro. Il gruppo, nonostante un passato da collaboratori di giustizia, avrebbe sfruttato il proprio “curriculum criminale” per imporsi in un nuovo contesto territoriale.
Le accuse sono pesanti e articolate. Per cinque indagati si ipotizza l’associazione per delinquere finalizzata a reati fiscali, tra cui l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, estorsione aggravata dal metodo mafioso, autoriciclaggio con finalità mafiose e violazione delle norme sull’immigrazione.
L’indagine, avviata nel 2022, ha messo in luce il tentativo dei Sarno di infiltrarsi nel settore del trasporto di rifiuti tessili a Prato, in collaborazione con un imprenditore campano attivo nella zona. In breve, la collaborazione si è trasformata in estorsione: con minacce, i Sarno si sarebbero fatti consegnare 18.500 euro in cinque rate tra dicembre 2022 e giugno 2023, senza prestare alcun servizio.
L’inchiesta ha inoltre documentato come alcuni componenti del clan abbiano agevolato frodi fiscali, ponendosi come intermediari tra imprenditori cinesi alla ricerca di fatture false per evadere le tasse. Non solo: è emerso anche un tentativo di introdurre illegalmente in Italia circa cinquanta cittadini pakistani, presumibilmente destinati a lavori sottopagati nelle aziende tessili cinesi del pratese. Il traffico è stato interrotto grazie all’intercettazione di un furgone prima dell’arrivo sul territorio italiano.
A fare da fulcro logistico e operativo delle attività criminali è stato un autonoleggio a Prato, individuato dagli investigatori come il “crocevia” di incontri, pianificazioni e scambi illeciti tra gli indagati.
L’indagine segna un inquietante passo indietro: da collaboratori di giustizia a promotori della riorganizzazione mafiosa, i Sarno hanno tentato di sfruttare nuove opportunità in territori lontani da Napoli, facendo leva sulla loro fama criminale. Un segnale allarmante per le istituzioni, chiamate oggi a rafforzare i presidi di legalità anche nei contesti economici apparentemente immuni alla criminalità organizzata.