Il 1° maggio, la Festa dei Lavoratori, rappresenta una giornata di memoria e impegno per i diritti dei lavoratori. Ma cosa significa oggi questa ricorrenza in un Paese come l’Italia, dove il lavoro vive forti trasformazioni e sfide?
Secondo i dati più recenti dell’ISTAT (2024), il tasso di disoccupazione in Italia è intorno al 7,2%, con un picco che riguarda i giovani tra i 15 e i 24 anni, dove la disoccupazione supera il 20%. Questi numeri, pur in calo rispetto agli anni passati, segnalano difficoltà strutturali: molti giovani faticano a trovare occupazione stabile, mentre altri vivono esperienze precarie o mal retribuite.
Un fenomeno particolarmente rilevante è la crescita del lavoro precario. Oltre il 16% dei lavoratori italiani ha un contratto a termine o lavora come autonomo senza tutele adeguate. Il cosiddetto “popolo delle partite IVA” include molti professionisti che, di fatto, vivono condizioni di dipendenza economica senza i diritti del lavoro dipendente.
Il lavoro in Italia è segnato da forti differenze geografiche: il Sud registra tassi di disoccupazione molto più alti rispetto al Nord. Anche la diseguaglianza di genere è ancora marcata: le donne partecipano meno al mercato del lavoro (con un tasso di occupazione femminile intorno al 52%, contro una media europea superiore al 60%) e spesso guadagnano meno a parità di ruolo.
Il lavoro italiano sta affrontando anche cambiamenti epocali: la transizione digitale, che crea nuove professioni ma rischia di escludere chi non è formato; la transizione ecologica, che impone una riconversione in molti settori produttivi; e l’aumento della povertà lavorativa: sempre più persone hanno un impiego, ma non riescono a vivere dignitosamente con ciò che guadagnano.
In questo contesto, il 1° maggio assume un significato attuale e urgente. Non è solo la celebrazione di diritti conquistati in passato, ma un’occasione per richiedere più sicurezza, formazione, parità e dignità nel lavoro di oggi e di domani.