Durante la serata di martedì 29 aprile, a Milano, oltre duemila militanti di estrema destra si sono radunati per commemorare i cinquant’anni dalla morte di Sergio Ramelli, il giovane militante del Fronte della Gioventù aggredito nel 1975 da esponenti della sinistra extraparlamentare e deceduto dopo 47 giorni di agonia. Un anniversario diventato negli anni un rituale simbolico per la galassia neofascista italiana, che si è ripetuto anche quest’anno con modalità e toni che non mancheranno di far discutere.
La fiaccolata si è snodata in modo ordinato lungo le vie di Milano, con la partecipazione di militanti appartenenti a gruppi come CasaPound, Lealtà Azione e altre formazioni dell’estrema destra. Al termine della manifestazione, i partecipanti hanno eseguito il “rito del presente”, il saluto collettivo a braccio teso tipico delle adunate fasciste, accompagnato dal grido rituale ripetuto tre volte: “Presente!”.
Un gesto che, pur avvenendo in un contesto commemorativo, richiama esplicitamente l’estetica e la simbologia del fascismo storico, e che ha suscitato forti critiche da parte di numerose forze politiche e associazioni antifasciste. La manifestazione si è svolta sotto l’occhio attento delle forze dell’ordine, che hanno garantito la sicurezza e il contenimento di eventuali disordini.
Un momento di tensione si è verificato verso la fine del corteo: un petardo è stato lanciato verso un edificio da cui si sentiva risuonare la canzone partigiana “Bella ciao”, simbolo della Resistenza. Un episodio che evidenzia il clima di polarizzazione politica che ancora oggi accompagna il ricordo di Ramelli.
Il dibattito, già acceso nei giorni precedenti per la concessione dello spazio pubblico al corteo, si riaccende ora sulle modalità con cui in Italia vengono gestite manifestazioni che, pur non esplicitamente vietate, richiamano simboli e liturgie di un’ideologia condannata dalla storia e dalla Costituzione.