Ricorre oggi, 15 marzo, la giornata nazionale del fiocchetto lilla, dedicata al delicato tema dei disturbi alimentari. La scelta della data della ricorrenza non è casuale: Giulia Tavilla, perse la vita all’età di 17 anni, a causa della bulimia, il 15 marzo 2011. La morte avvenne poco prima del suo previsto ricovero in una struttura specializzata per il trattamento dei disturbi alimentari. Giulia aveva riconosciuto la sua condizione e, con il supporto della famiglia, aveva deciso di intraprendere un percorso di cura. Tuttavia, i tempi di attesa per l’accesso alle cure si rivelarono fatali.
La morte di Giulia evidenziò le gravi carenze nel sistema sanitario riguardo al trattamento tempestivo dei disturbi alimentari. Per questo motivo, suo padre, Stefano Tavilla, fondò l’associazione “Mi nutro di vita” con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla necessità di interventi rapidi ed efficaci per chi soffre di queste patologie. Grazie alla sua iniziativa, il 15 marzo è stato designato come “Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla”, simbolo della lotta contro i disturbi del comportamento alimentare.
La storia di Giulia ha contribuito a rompere il silenzio su problematiche spesso sottovalutate, promuovendo una maggiore consapevolezza e prevenzione. Il fiocchetto lilla rappresenta oggi la speranza e l’impegno collettivo nel garantire che nessun’altra vita venga spezzata a causa della mancanza di accesso tempestivo alle cure necessarie.
È come se Giulia non fosse morta per la sua bulimia, ma “per la lista d’attesa”. La sua storia viene raccontata come monito, quotidianamente, da suo padre Stefano Tavilla, in modo che i genitori dei giovani affetti da disturbi alimentari possano fare squadra, prevenzione, possano creare una rete di solidarietà. Giulia Tavilla aveva la bulimia: l’aveva riconosciuta, aveva accettato di farsi curare, grazie anche al sostegno della sua famiglia, ma il tempo con lei è stato tiranno: è morta poco prima di entrare in una struttura che fosse idonea a contrastare il suo disturbo.
Non può, non deve capitare ad altri – scrive papà Stefano sul sito della sua associazione – La morte di mia figlia deve servire a tutte le persone e le famiglie che vivono un dramma di questo genere. Il dramma di vedere chi ami che piano piano si spegne, non ride più, non mangia o vomita. Non accetta di farsi curare e a te resta la sensazione di non aver fatto abbastanza. Lei non ce l’ha fatta, ma non ci devono essere altri figli che muoiono quando potevano essere salvati.
A un mese di distanza dalla morte di Giulia Tavilla, Stefano si è quindi attivato nella speranza di salvare le vite dei figli degli altri. È nata quindi la sua associazione e delle iniziative di sensibilizzazione: Stefano non è solo, perché oltre ai suoi soci, esistono oltre 60 associazioni come la sua in Italia che chiedono che i disturbi alimentari vengano considerati malattie a se stanti, affinché tutte le Regioni prevedano i livelli essenziali di assistenza. E si autotassano, per sostenersi gli uni con gli altri nei pellegrinaggi alla ricerca di strutture curative per i loro cari. E hanno un simbolo per la loro lotta, il fiocchetto lilla.
Giulia se n’è andata il 15 marzo 2011 – dice Stefano in un video della sua associazione . Da allora io, insieme a tanti altri, abbiamo adottato questo simbolo, il fiocchetto lilla, come simbolo di unità di intenti che ci aiuta a combattere i pregiudizi, l’ignoranza che circonda i disturbi del comportamento alimentare. Noi tutti insieme chiediamo una nuova cultura, una cultura di rispetto per chi soffre di queste malattie e soprattutto chiediamo cure, cure accessibili e possibili a tutti, e in tutta Italia. E a oggi questo purtroppo non è ancora possibile.
Il video è del 2015, ma a dieci anni di distanza: i disturbi alimentari sono tuttora la causa di migliaia di decessi ogni anno. Il fiocchetto viola – che è nato in America con le stesse finalità che conosciamo in Italia – è diventato un simbolo di speranza e di prevenzione.