Il caso di Serena Mollicone è uno dei gialli più controversi e complessi della cronaca nera italiana. La diciottenne di Arce, in provincia di Frosinone, scomparve il 1° giugno 2001 e fu ritrovata priva di vita due giorni dopo in un bosco. Per oltre vent’anni, il caso è stato avvolto nel mistero, tra false piste, ipotesi investigative e processi che hanno coinvolto figure di spicco della comunità locale.
Serena Mollicone era una studentessa di 18 anni, descritta da chi la conosceva come una ragazza solare, determinata e con un forte senso della giustizia. Viveva ad Arce con il padre Guglielmo, ex maresciallo dell’Aeronautica Militare, dopo la morte prematura della madre. Era appassionata di letteratura e arte, e sognava di diventare insegnante.
Il 1° giugno 2001, Serena esce di casa intorno alle 9:00 per andare dal dentista. Da quel momento, nessuno la vedrà più viva. Dopo due giorni di angoscia, il 3 giugno il suo corpo viene ritrovato nel bosco dell’Anitrella, a pochi chilometri da Arce.
Il cadavere era coperto con rami e foglie, con le mani e i piedi legati con del nastro adesivo. Il volto della ragazza mostrava segni di percosse e una ferita alla testa, compatibile con un colpo violento.
Le indagini iniziarono immediatamente, ma senza un chiaro movente e con poche prove concrete, la giustizia incontrò numerosi ostacoli.
Le Prime Indagini e il Caso Santino Tuzi
Le prime indagini si concentrarono su Carmine Belli, un carrozziere di Arce, che venne arrestato nel 2003 con l’accusa di omicidio. Tuttavia, il processo si concluse con la sua assoluzione in tutti i gradi di giudizio per mancanza di prove.
Nel 2008 emerse una nuova pista: il brigadiere Santino Tuzi, in servizio presso la caserma dei Carabinieri di Arce nel 2001, dichiarò di aver visto Serena entrare nella caserma il giorno della sua scomparsa. Pochi giorni dopo aver reso questa testimonianza, il 9 aprile 2008, Tuzi fu trovato morto nella sua auto, in quella che venne ufficialmente classificata come un suicidio.
Questa rivelazione aprì nuove prospettive investigative, spingendo gli inquirenti a concentrarsi su ciò che accadde dentro la caserma dei Carabinieri di Arce.
La Svolta Investigativa e il Processo ai Mottola
Nel 2016, nuove perizie rivelarono che la ferita alla testa di Serena era compatibile con un impatto contro una porta della caserma dei Carabinieri di Arce. Questo portò al coinvolgimento di Franco Mottola, all’epoca comandante della stazione, di sua moglie Annamaria e di suo figlio Marco. Anche due carabinieri, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano, vennero indagati per favoreggiamento.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, Serena sarebbe entrata nella caserma per denunciare un traffico di droga che coinvolgeva alcuni membri della famiglia Mottola. Lì avrebbe avuto un alterco con Marco Mottola, che l’avrebbe spinta violentemente contro una porta, causandole la fatale lesione alla testa. Poi, nel tentativo di coprire il delitto, il corpo sarebbe stato trasportato nel bosco e abbandonato.
Il Processo e l’Assoluzione degli Imputati
Il processo contro la famiglia Mottola e gli altri imputati si è concluso il 15 luglio 2022 con una sentenza clamorosa: tutti assolti per insufficienza di prove. Il tribunale ha stabilito che le prove raccolte non erano sufficienti a dimostrare la colpevolezza degli imputati oltre ogni ragionevole dubbio.
Questa decisione ha lasciato l’amaro in bocca a molti, in particolare al padre di Serena, Guglielmo Mollicone, che per anni ha lottato per ottenere giustizia. Purtroppo, Guglielmo è morto nel 2020, senza poter conoscere l’esito del processo e soprattutto senza aver ottenuto verità e giustizia per l’omicidio di sua figlia.
La decisione della Cassazione: nuovo processo di appello
Ci sarà un nuovo processo di appello per il delitto di Serena Mollicone. Lo hanno deciso nella giornata di martedì 11 marzo i giudici di Cassazione accogliendo l’istanza della Procura generale della Corte d’Appello di Roma contro l’assoluzione dell’ex comandante della caserma di Arce, Franco Mottola, della moglie Anna Maria e del figlio Marco che erano accusati dell’omicidio avvenuto nel giugno del 2001 nel centro del Frusinate.
Dopo 24 anni di ipotesi investigative, processi, colpi di scena, la Corte di Cassazione apre dunque un nuovo capitolo sul caso.
La Cassazione ha dunque deciso per l’annullamento dell’assoluzione della famiglia Mottola, Franco, Anna Maria e il figlio Marco, e dei carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano, per la morte di Serena. Il Procuratore aveva valutato “fondato” l’accoglimento del ricorso, facendo riferimento a diversi aspetti. Chiesto, quindi, l’annullamento della sentenza impugnata in secondo grado: si è aperto, quindi, un processo bis di appello.
Come riportato da Rainews, a motivare la decisione del procuratore generale il “macro vizio” della sentenza per mancanza di motivazioni: è “una sentenza totalmente carente” che ha “atteggiamento pilatesco”. Il pg ha affermato inoltre che quanto cristallizzato dalla Corte d’Assise di appello nella Capitale “omette di motivare sulla presenza di Mollicone quella mattina nella caserma di Arce. Non sono stati valutati in maniera unitaria una pluralità di indizi”.
Il caso Serena Mollicone è una ferita aperta nella storia giudiziaria italiana. La lunga ricerca della verità, le difficoltà investigative e il dolore della famiglia rendono questa vicenda un esempio di come la giustizia possa essere lenta e incerta.