Un retroscena triste, ma significativo, quello legato all’ultima, clamorosa incursione a Ponticelli dell’ex boss Vincenzo Sarno, poi diventato collaboratore di giustizia. Una volta tornato in libertà, dopo le ripetute violazioni compiute lo scorso anno, mediante le quali annunciava anche e soprattutto l’intenzione di tornare a Ponticelli per “riprendere il suo posto”, l’ex boss ha dimostrato che quelle non erano solo chiacchiere ed è passato ai fatti. Malgrado sia ancora sotto la tutela dello Stato, dopo aver impugnato il provvedimento con il quale la scorsa primavera è stato estromesso dal programma di protezione, perdendo tutti i benefici – soprattutto economici – e pertanto ha chiamato in causa il Tar, auspicando in una reintegrazione. Fino a quando il Tribunale Amministrativo non emetterà un verdetto, Vincenzo Sarno resta sotto la tutela dello Stato, vive sotto il tetto garantito dallo Stato e continua a percepire il vitalizio elargito dallo Stato.
Ciononostante, l’ex boss è tornato a Ponticelli per avanzare pretese da boss, indirizzando richieste estorsive ad alcuni commercianti del quartiere che non hanno affatto recepito di buon grado quelle minacce. La reazione dei soggetti taglieggiati è emblematica, significativa: si sono recati a protestare dai De Micco, il clan che attualmente detiene il controllo del territorio. Dinanzi al disappunto degli esercenti, i leader della camorra ponticellese avrebbero dato ampie rassicurazioni, manifestando la volontà di farsi carico del problema per risolverlo.
Una premessa/promessa che nel gergo camorristico assume un significato inequivocabile. In quel modo, Vincenzo Sarno ha contestato la supremazia dei De Micco, sminuendone l’autorevolezza. Un guanto di sfida che nel gergo camorristico viene lanciato per contendersi il territorio. Un’azione incauta e scellerata da parte di Vincenzo Sarno, consapevole di non disporre della forza e delle credenziali per combattere una guerra di camorra contro i De Micco. Ancor più consapevole di aver messo a repentaglio la sua vita, sfidando gli spietati leader di Ponticelli, sprezzante del pericolo al quale così sovraesponeva i parenti estranei alle dinamiche malavitose residenti nel quartiere, si è sottratto alle conseguenze delle sue azioni, mettendosi in salvo.
Forte e chiaro era il sentore che di lì a poco uno dei parenti dei Sarno residenti a Ponticelli sarebbe finito nel mirino dei sicari del clan De Micco. Non potendo colpire direttamente l’autore di quel plateale affronto, in quanto dopo quella plateale performance, Vincenzo Sarno è tornato nella località dove vive sotto la tutela dello Stato, era scontato che la scelta sarebbe ricaduta su qualche vittima sacrificale. Un parente, uno qualunque, purché la matrice dell’agguato fosse chiara e ancor più lo fosse il messaggio recapitato all’ex boss. Nei giorni scorsi, il nostro giornale più volte ha posto l’accento sul pericolo che si stava delineando tra le strade del quartiere, consapevole delle rassicurazioni che i boss di Ponticelli avevano manifestato ai commercianti taglieggiati.
La scelta è ricaduta su Enrico Capozzi: figlio di una cugina dei fratelli Sarno che con i De Micco aveva un altro conto in sospeso, quello legato alla denuncia sporta nel 2023 ha fatto scattare le manette per Antonio Nocerino alias “brodino”, temuto e spietato affiliato della prima ora ai cosiddetti “Bodo”, nonché fedelissimo della cosca che malgrado la giovane età è riuscito a conquistare un posto di primo ordine nel clan attualmente egemone a Ponticelli.
Per questo motivo Capozzi è stato ucciso: per “mantenere l’impegno” preso con i commercianti e per indirizzare a questi ultimi un monito inquietante e che azzera le intenzioni di coloro che ipotizzavano di denunciare alle forze dell’ordine le vessazioni e le minacce subite dai De Micco. Un agguato che rilancia, in senso ampio e trasversale, la supremazia dei De Micco a Ponticelli, non solo sui fantasmi del passato tornati a bussare alle porte del presente alla vigilia dell’anno nuovo, ma anche e soprattutto su quello Stato, sempre più spettatore impassibile e disattento delle feroci dinamiche camorristiche che si avvicendano nel quartiere.
L’agguato costato la vita a Capozzi e lo scenario in cui è maturato, di fatto, azzera la presenza dello Stato tra le strade del quartiere e che ne sottolinea la totale, dilagante assenza. Uno Stato che arriva sempre il giorno dopo e sempre per rattoppare l’emorragia con una grossolana medicazione di fortuna.
Il clima di pericolo che si respirava tra le strade di Ponticelli dopo l’incursione dell’ex boss di Ponticelli è stato sottostimato da chi poteva, anzi avrebbe dovuto mettere in sicurezza i parenti dei Sarno, malgrado sia maturata nel bel mezzo delle festività natalizie. La camorra non va mai in vacanza e l’omicidio di Enrico Capozzi tristemente lo sottolinea.