La Direzione investigativa antimafia ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare personale e reale emessa dal gip presso il Tribunale di Napoli (su richiesta della locale Procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia) nei confronti di 53 persone, indagate a vario titolo per associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione di armi ed altro, ritenute affiliate al clan “Amato Pagano” operante nei comuni di Melito di Napoli, Mugnano di Napoli ed in parte dei quartieri Secondigliano e Scampia di Napoli.
Il provvedimento trae origine dalle indagini a carico di esponenti apicali del clan Amato Pagano, sodalizio criminale nato a seguito della sanguinosa ‘scissione’ dallo storico clan Di Lauro, e per questo definito anche clan degli ‘scissionisti. Un’inchiesta cruciale che ha colpito gli eredi delle figure storiche del clan che avevano ereditato la reggenza del clan e la gestione degli affari.
Sul fronte delle estorsioni, gli investigatori hanno evidenziato una novità: il “pizzo” veniva imposto tenendo conto della capacità reddituale delle vittime. Il core-business del clan però, rimane il narcotraffico, complici i legami con Spagna e Dubai. Durante le perquisizioni, inoltre, sono stati sequestrati parecchi contanti e orologi di lusso. I flussi finanziari venivano impiegati anche in attività lecite, come la compravendita di autovetture e i proventi usati per pagare gli stipendi agli affiliati. Altro business del clan Amato-Pagano era il “pizzo” alle imprese edili impegnate in lavori anche grazie ai cosiddetti “bonus”. Gli accertamenti degli inquirenti hanno anche consentito di scoprire che l’organizzazione malavitosa si appropriava abusivamente delle case sfitte, senza avere alcuna concessione.
Come consuetudine il taglieggiamento delle vittime diventava più pressante a ridosso delle festività natalizie: la quasi totalità dei commercianti del comune di Melito di Napoli, in prossimità del Natale, veniva difatti costretta a comprare i cosiddetti “gadget natalizi”. Emerge dall’indagine della Dia di Napoli, coordinata dalla Dda partenopea, che oggi ha portato alla notifica di 53 misure cautelari e a una serie di sequestri. Gli accertamenti hanno consentito di fare luce anche sulla facilità con la quale gli affiliati detenuti riuscivano a comunicare con quelli liberi, attraverso l’utilizzo dei cellulari, comunicazioni anche finalizzate l’agevolazione dell’introduzione nelle carceri delle sostanze stupefacenti. Insieme con le 53 misure cautelari ad alcuni degli indagati è stato notificato anche il sequestro preventivo di una società di vendita e noleggio di veicoli il cui gestore è risultato essere in affari e a disposizione del clan, tanto che gli affiliati utilizzavano le sue autovetture per gli spostamenti e gli uffici della sua azienda come principale base operativa.
Deborah Amato, 34 anni, secondo la DDA di Napoli, aveva ereditato la guida del clan Amato-Pagano dopo l’arresto della mamma, Rosaria Amato, detenuta al 41bis. Insieme con lei gestivano il clan anche Gennaro Liguori (marito della nipote di Raffaele Amato, classe ’65); il marito di Debora, Domenico Romano, Enrico Bocchetti (genero di Cesare Pagano) ed Emanuele Cicalese (genero di Raffaele Amato, classe ’65). Sono complessivamente 43 gli arresti in carcere e 10 quelli ai domiciliari emessi dal gip Iaselli su richiesta della Dda.
“Addestrava minori per le estorsioni, il clan Amato-Pagano, che si occupa di estorsioni e droga, e nel quale il ruolo delle donne era apicale, come quello della reggente, Rosaria Pagano, detenuta al 41bis”: lo ha detto il procuratore di Napoli Nicola Gratteri nel corso della conferenza stampa che si è svolta stamane, martedì 17 dicembre, nelle ore successive all’esecuzione del provvedimento.
“Su Tik-tok e Instagram – ha detto ancora Gratteri – il clan mostrava orologi d’oro e macchine e barche di lusso, per esternare il suo potere e la sua ricchezza – incassavano 8mila euro al mese dalle estorsioni – e per dimostrare di essere dei vincenti, per farsi pubblicità”.
“Questo è l’elemento nuovo, – ha sottolineato Gratteri – in Italia la prima mafia che ha utilizzato i social è stata la camorra, mentre i primi al mondo sono i messicani.
L’uso dei social adottati dai giovani, quali sono Tik-Tok e Instagram, è proprio finalizzato a rivolgersi ai giovani”.
Era “un addestramento alla durezza”, quello che il clan Amato-Pagano operava sui minorenni, utilizzati per compiere le estorsioni, ha detto ancora Nicola Gratteri. “Volevano normalizzare il crimine”, ha sottolineato il procuratore di Napoli che, ha anche fatto sapere di avere coinvolto la procura dei minori in questa attività d’indagine.
“La preminenza delle donne tra gli elementi di vertice – ha aggiunto Gratteri – non è una novità assoluta (anche in Sicilia e Calabria) ma in questo contesto è risultato più significativo”.
Secondo il procuratore, poi, “le estorsioni venivano imposte anche agli imbianchini, che rappresenta come il clan Amato-Pagano volesse controllare il respiro dei cittadini”. “I soldi sono il risultato – ha spiegato Gratteri – ma l’obiettivo degli Amato-Pagano è l’esternazione del potere”.
Fonte: Ansa