Francesco Pio Valda è sempre stato consapevole di aver ucciso Francesco Pio Maimone, la sera del 19 marzo del 2023, nei pressi degli chalet di Mergellina, al culmine di una lite sfociata negli spari con un gruppo di coetanei del rione Traiano, perché indispettito da un pestone che gli aveva sporcato una scarpa.
La mattina seguente, poche ore prima di essere arrestato, Valda ha contattato tramite la chat di Instagram lo zio Ciro Niglio, all’epoca collaboratore di giustizia. Una serie di chiamate e videochiamate che lo zio ha rifiutato, poiché da quando aveva deciso di voltare le spalle alla camorra, la famiglia lo aveva ripudiato e i parenti erano soliti cercarlo sui social solo per indirizzargli insulti e minacce. Niglio, in quel frangente, ignorava quello che era accaduto la sera prima a Mergellina, meno che mai poteva ipotizzare che nell’omicidio di quel giovane innocente fosse coinvolto suo nipote. Quindi, ha giustificato l’insistenza con la quale Valda lo cercava come una delle tante azione minatorie e ritorsive che i familiari gli hanno indirizzato di frequente da quando aveva intrapreso il percorso di collaborazione con la giustizia. Di lì a poco, Niglio avrebbe dovuto testimoniare contro alcuni parenti, un fatto che rafforzava la convinzione che il nipote lo stesse cercando per minacciarlo e insultarlo. Poi, un messaggio, una richiesta disperata d’aiuto che lo esorta ad accettare di parlargli: Valda gli confessa di essere l’autore dell’omicidio di Mergellina e gli chiede aiuto. Manifesta la volontà di seguire i suoi passi e di collaborare a sua volta con la giustizia.
Gli chiede di metterlo in contatto con un avvocato che possa guidarlo in quel percorso, ma evidentemente smarrito e spaventato, chiede allo zio di intercedere per lui, quindi di telefonare al legale per spiegargli la sua situazione, prima di metterli in contatto. “Digli questo ha fatto tanti guai per un clan e vuole cambiare vita”: parole nelle quali si fa fatica a riconoscere il giovane sfrontato e irriverente che si diverte in cella, mentre prepara pizze insieme agli altri detenuti e dalle quali meno che mai trapela l’identikit di quel ragazzo descritto come un camorrista convinto e coraggioso che affronta la galera senza battere ciglio.

Un’intenzione che Valda ha dovuto accantonare, probabilmente convinto da parenti e affiliati a fidarsi ed affidarsi all’avvocato, prospettandogli la possibilità di riuscire a evitare una condanna severa e ritornare quindi alla vita confacente al rampollo di un clan di camorra, quella che lo porterebbe nuovamente ad impugnare una pistola. Resta il fatto che nell’unico, profondo e sincero momento di debolezza, Valda ha confessato quell’omicidio al parente che ha identificato come l’ancora di salvezza alla quale aggrapparsi per uscire da quella situazione, consapevole di aver ucciso un ragazzo innocente.
Una confessione mai più ripetuta, anzi. Nel corso della deposizione resa in tribunale lo scorso 7 novembre, nell’ambito del processo che lo vede imputato per l’omicidio di Francesco Pio Maimone, Valda ha asserito di non essere stato lui ad uccidere l’aspirante pizzaiolo di Pianura. Ha mentito sapendo di mentire. Durante la sua testimonianza, Valda ha ammesso di aver sparato in aria, ma ha dichiarato di non essere stato l’unico a farlo, parlando di una rissa, nell’ambito della quale era stato accerchiato e di aver ricevuto un calcio e che prima di fuggire, aveva udito altri spari, lasciando intendere che da un’altra pistola potrebbe essere partito il proiettile vagante che non ha lasciato scampo a Maimone.
Una versione che stride con l’accorata e spontanea confessione consegnata allo zio poche ore dopo il delitto di Mergellina, rafforzata da quella richiesta d’aiuto che Niglio non ha fatto in tempo ad assecondare, perché non è riuscito a mettersi in contatto con l’avvocato e nel frattempo Valda è stato arrestato. Nell’arco della finestra temporale che si colloca tra la conversazione in chat con lo zio e l’arresto, deve essere accaduto quello che ha convinto il 20enne a tornare sui suoi passi, probabilmente lasciandosi soggiogare ancora una volta da quel genere di promesse millantatorie e pratiche manipolative che gli interpreti della camorra sono soliti inscenare in circostanze simili.
Indicativo il fatto che fino a prima dell’arresto, gli Aprea sbandieravano con orgoglio l’affiliazione ritrovata con i Valda, proponendo le foto dei rampolli dei rispettivi clan, Manuel e Francesco Pio. Dopo l’arresto di quest’ultimo, la famiglia Aprea ha iniziato a prendere pesantemente le distanze dal giovane accusato di essere responsabile della morte dell’aspirante pizzaiolo di Pianura indirizzandogli parole fortissime.
Una sequenza di eventi che ricostruisce il contesto in cui restano ingabbiati i giovani autori degli omicidi più efferati della cronaca recente.