Tra le tante dichiarazioni che hanno concorso a far luce sull’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso il 5 settembre del 2010, hanno ricoperto un ruolo cruciale quelle rese dall’ex compagna di Romolo Ridosso, uno dei quattro soggetti arrestati di recente, nonché esponente della criminalità di Scafati, il comune in provincia di Salerno dove ha preso il via lo scenario malavitoso che si è esteso fino ad Acciaroli, determinando le circostanze che hanno portato l’organizzazione a deliberare la morte del primo cittadino di Pollica, reo di aver scoperto i traffici illeciti nei quali erano coinvolti anche i carabinieri e pertanto intenzionato a denunciare “il sistema” che attraverso il porto di Acciaroli consentiva lo smercio di fiumi di droga.
Un sistema che parte da una serie di affari imprenditoriali collegati inizialmente alla gestione di alcuni distributori di carburante nel comune di Scafati e che vedeva coinvolti i quattro soggetti finiti in manette con l’accusa di aver pianificato ed eseguito l’omicidio di Angelo Vassallo: Romolo Ridosso, l’imprenditore Giuseppe Cipriano, proprietario di un cinema a Scafati e di altri due ad Agnone ed Acciaroli e soprattutto i due carabinieri Lazzaro Cioffi e il colonnello Fabio Cagnazzo. Un attività illecita alla quale partecipava anche Luigi De Luca, soggetto ritenuto dagli inquirenti riciclatore di di proventi illeciti in attività imprenditoriali, legato al clan Mazzarella. Lo scorso gennaio, lo stesso Cagnazzo confermò agli inquirenti i suoi rapporti con De Luca, chiarendo di essere a conoscenza della sua vicinanza ai Mazzarella, una delle organizzazioni camorristiche più influenti della città di Napoli. il colonnello ha spiegato agli inquirenti che De Luca gli “aveva cambiato qualche assegno postdatato per ragioni familiari, avendo io necessità di liquidità per ragioni familiari”.
Già nel 2014, Romolo Ridosso e suo figlio Salvatore, in veste di collaboratori di giustizia, ricostruirono l’associazione nata a Scafati ed operante ad Acciaroli nell’estate del 2010, dedita al traffico di sostanze stupefacenti. A capo del business collocano Raffaele Maurelli, noto broker della droga, e Giovanni Cafiero, genero di Gaetano Cesarano esponente dell’omonimo clan operante nella zona di Castellammare di Stabia, con il coinvolgimento di Giuseppe Cipriano detto “Peppe Odeon”, cugino di Maurelli e gestore del cinema di Acciaroli. I due collaboratori fanno riferimento anche al coinvolgimento di Lazzaro Cioffi, carabiniere in servizio a Castello di Cisterna, già condannato per reati affini, in quanto ritenuto in affari a un’organizzazione dedita allo spaccio di droga nel Parco Verde di Caivano e capeggiata da Pasquale Fucito. Cioffi è ampiamente descritto come uno stretto collaboratore del colonnello Fabio Cagnazzo, a sua volta indicato come uno dei soggetti coinvolti nel business illecito della droga, nel quale vengono chiamati in causa anche i fratelli Palladino, noti imprenditori di Acciaroli.
I Ridosso indicano nella necessità di far tacere Vassallo il movente dell’omicidio. Il sindaco di Pollica aveva scoperto il business ed era intenzionato a denunciarli ai carabinieri. E proprio per questo, secondo l’ormai ex collaboratore di giustizia “si sarebbero visti tutte cose loro”, ovvero Cioffi e Cagnazzo, avvalendosi dei collaboratori di altri carabinieri avrebbero provveduto a depistare le indagini. Cipriano avrebbe infatti confidato di aver pagato 40-50 mila euro a Cioffi affinché insieme ad altri carabinieri organizzasse l’omicidio Vassallo e il successivo depistaggio.
Romolo ridosso avrebbe affermato che “il clan me lo stavo prendendo con Cipriano, stavo entrando con loro a far parte del clan loro. Io già sapevo che loro appartenevano ai casalesi e ho avuto il benvolere da Nicola Schiavone, l’ho avuto a Sorrento a via degli aranci dove finisce la curva, quell’hotel nel vicolo.”
Lo stesso Nicola Schiavone, anche lui collaboratore di giustizia, conferma la presenza di questa associazione a delinquere nella zona di Scafati con la quale aveva avuto dei rapporti. Secondo quanto riferito dall’ex boss dei casalesi, Maurelli gli avrebbe confidato di operare su due fronti, da un lato con grossi narcotrafficanti del sud e centro America, dall’altro con i clan di Secondigliano, i Di Lauro, anche dopo la scissione. Maurelli aveva proposto a Schiavone di entrare in affari con lui, ma rifiutò. Schiavone chiarisce che appellando Maurelli come “broker della droga” intende che non si occupava dello spaccio, ma dell’acquisto di grossi quantitativi per la successiva vendita ai clan.
Un acquisto che avveniva attraverso canali ben consolidati con i narcos sudamericani, colombiani, messicani, carichi di cocaina non inferiori ai 100 chili a viaggio, almeno fino al 2004, quando quelle forniture erano prettamente destinate a rifocillare il supermarket della droga messo in piedi dai Di Lauro nelle Vele di Scampia che non a caso in quel momento storico rappresentavano la piazza di droga più quotata d’Europa.
La droga arrivava in Spagna o in Olanda e trasferita in Italia con i camion, ma Maurelli stava cercando un canale sicuro per sventare il rischio che i carichi venissero intercettati. Nel 2009 prese contatti con Schiavone e gli chiese di intercedere con i clan operanti in Calabria per consentire lo sbarco di stupefacenti nel porto Gioia Tauro, al fine di ridurre i rischi legati al trasporto in gomma e incrementare la tratta percorsa in mare.
A chiarire la caratura del traffico messo in piedi da Maurelli è un altro broker della droga, Raffaele Imperiale, collaboratore di giustizia, il quale riferisce che Maurelli era suo socio al 50% tra il 1997 e il 2000-2001. Imperiale si occupava del trasporto dall’Olanda all’Italia, mentre Maurelli si dedicava alla consegna ai vari clienti su scala nazionale. Seppure i rapporti tra i due si interruppero, Imperiale conferma che Maurelli continuò a dedicarsi ai traffici internazionali, prettamente alla cocaina.
La ricerca di un porto da adibire a base operativa dell’organizzazione conferma lo scenario che nell’estate del 2010 vide Acciaroli diventare il punto di approdo dei natanti che Maurelli e i suoi sodali utilizzavano per smerciare la droga che poi veniva stoccata nei container collocati in un terreno di proprietà dei Palladino.
Un business illecito importante che si spingeva ben oltre il mero approvvigionamento delle piazze di droga gestite dai pusher della zona, ma che consentiva l’ingresso in Campania di fiumi di droga che rifornivano i principali clan del salernitano e del napoletano. Vassallo aveva intercettato un traffico internazionale che vedeva i carichi di droga acquistati dai narcos del centro-sud America sbarcare nel porticciolo della sua Acciaroli, probabilmente scelta come punto di approdo proprio per la solida reputazione che era riuscita a conquistarsi grazie alla politica volta alla legalità e alla salvaguardia dell’ambiente da parte del sindaco-pescatore.