“Il cane è coperto e il primo palo sta inguaiato”: una frase criptica, scandita in più circostanze da una persona che ha ricoperto un ruolo cruciale nelle indagini volte a far luce sull’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso la sera del 5 settembre del 2010.
Una frase pronunciata in più circostanze da Luca Cillo, la persona che fin da subito ha indicato ai familiari del sindaco-pescatore il movente dell’omicidio, facendo esplicito riferimento al traffico di droga scoperto da Vassallo nel corso di quella concitatissima estate.
Negli ultimi giorni di vita di Vassallo, diversi testimoni confermano che i due si erano avvicinati molto. Il sindaco s’intratteneva spesso a discutere in disparte con Cillo. Pertanto, agli inquirenti appare verosimile che quest’ultimo abbia accolto le confidenze e le scoperte di Vassallo in ordine al traffico di sostanze stupefacenti che dal porto di Acciaroli garantiva ampio approvvigionamento alle piazze di droga della Campania. Un business prolifero che si spingeva ben oltre il mero rifornimento dei pusher locali durante la stagione estiva.
Secondo la ricostruzione che Cillo ha fornito fin da subito ai familiari di Vassallo, quest’ultimo gli avrebbe riferito che la droga arrivava al moletto con natanti e veniva stoccata in depositi di proprietà dei fratelli Palladino, noti imprenditori di Acciaroli, coinvolti insieme al colonnello Fabio Cagnazzo nel business illecito. Uno scenario contornato dal forte clima di paura ed omertà che ha segnato le indagini protraendole per oltre 14 anni, malgrado fin da subito Cillo avesse fornito informazioni che hanno trovato ampio riscontro in chiave investigativa, come comprovano gli arresti recenti. In manette il colonnello Cagnazzo, Lazzaro Cioffi, fedelissimo di Cagnazzo, anche lui carabiniere e già condannato per reati di droga, oltre al collaboratore di giustizia Romolo Ridosso e all’imprenditore Giuseppe Cipriano.
Secondo Cillo, il sindaco Vassallo “aveva capito qualcosa di grosso dove c’erano immischiati i politici e tutto il resto”.
L’omicidio di Vassallo ha fortemente scosso Cillo, forse una delle poche persone, se non l’unica, a disporre di elementi utili a ricostruire fin da subito l’intero scenario in cui è maturato il delitto del sindaco di Pollica. Appare evidente che Cillo ha immediatamente intuito che quell’omicidio fosse scaturito dalla necessità di mettere a tacere Vassallo, al fine di evitare che potesse denunciare i soggetti coinvolti nel traffico di stupefacenti, tra i quali numerosi “insospettabili”, come comprova l’arresto di due esponenti dell’arma dei carabinieri.
Per questo motivo Cillo era talmente spaventato da dichiarare di avere paura “anche di aprire la porta di casa sua”. Un clima di paura che dilagava tra le strade del borgo di Acciaroli. Consapevole del coinvolgimento di personalità influenti, sia nel traffico di stupefacenti che nell’omicidio di Vassallo, Cillo temeva seriamente per la sua incolumità. Per questo motivo appariva restio a verbalizzare quelle informazioni davanti agli inquirenti. Inoltre, seppure in più circostanze avesse riferito che quelle informazioni gli erano state riferite dallo stesso Vassallo, ha poi cambiato le carte in tavola, facendo leva sul rapporto che intercorre tra lui e la vedova di un boss di camorra dalla quale ha avuto una bambina. Cillo affermava di aver appreso dalla madre di sua figlia quelle informazioni che in veste di testimone di giustizia aveva rapporti con la procura.
“Il cane è coperto e il primo palo sta inguaiato”: questa la frase pronunciata in più circostanze da Cillo, fin dai giorni successivi all’omicidio. Cillo asseriva che non bisognava parlare con nessuno perché non si potevano escludere altre morti e per questo si avvaleva di un linguaggio criptico quando forniva informazioni alla figlia di Angelo Vassallo e al suo fidanzato. “Il cane” è il colonnello Cagnazzo e secondo Cillo era “coperto” nella misura in cui, forte dell’autorevole ruolo ricoperto nell’arma dei carabinieri, sarebbe stato ampiamente tutelato, in quanto poteva beneficiare del supporto del padre, anche lui generale dell’arma e del generale dei Carabinieri e fondatore dei Ros Domenico Pisani. Ben diversa invece la posizione del “primo palo”, ovvero, il maggiore dei tre fratelli Palladino, Domenico.
Secondo Cillo, la droga arrivava ad Acciaroli su imbarcazioni di ignoti, soggetti apparentemente in vacanza ad Acciaroli e ad accoglierle trovavano sempre “il palo”, espressione con la quale allude, per l’appunto, ai fratelli Palladino.