Il mancato arresto di una delle figure di spicco del clan De Micco di Ponticelli ha introdotto un inaspettato colpo di scena.
All’alba di venerdì 18 ottobre, i carabinieri che si sono recati presso la sua abitazione per condurlo in carcere sono stati colti da un’amara sorpresa: il ras si è reso irreperibile. In corso le ricerche a tutto campo da parte delle forze dell’ordine che stanno setacciando le strade del quartiere, a caccia non solo del ras, ma anche di un altro affiliato ai cosiddetti “bodo”, ugualmente riuscito a sottrarsi all’arresto.
Il ras che fino a pochi giorni fa ricopriva il ruolo di reggente del clan, non era l’unico a temere di finire in carcere. Anche i vertici del suo stesso clan d’appartenenza temevano i risvolti che potevano scaturire dal suo arresto. Finora ha scontato condanne relativamente brevi, ma in questo frangente la sua posizione sembra destinata ad aggravarsi in maniera direttamente proporzionale al ruolo di spessore che ha ricoperto negli ultimi tempi. In questi mesi il ras è stato protagonista di numerosi episodi e non è escluso il suo possibile coinvolgimento in omicidi e in altre azioni violente che hanno fatto schizzare la tensione alle stelle tra le strade del quartiere.
Motivo per il quale, i vertici del clan, già nei mesi scorsi, avrebbero manifestato forti riserve in merito alla capacità del ras di sobbarcarsi una dura condanna, senza cedere alla tentazione della collaborazione con la giustizia. Non è solo questa ipotesi a far vacillare la credibilità del ras e a minare soprattutto l’incolumità. Gli ultimi mesi sono stati segnati da una serie di dissidi interni al clan che detiene il controllo del quartiere Ponticelli, molti dei quali scaturiti proprio dagli atteggiamenti irriverenti del ras attualmente latitante. Numerosi i contrasti, soprattutto quelli di natura economica. Il più clamoroso riguarda il misterioso furto in casa subito proprio dal ras e che avrebbe provocato un grosso buco nelle finanze del clan. Forte è il sentore che si sia trattato dell’ennesimo escamotage voluto per trattenere una consistente somma di denaro utile a ringalluzzire il bottino che il ras ha messo da parte negli ultimi mesi. L’ossessiva necessità di reperire denaro per accrescere quel tesoretto ha fin da subito rappresentato un segnale ambiguo agli occhi degli altri gregari che non escludono che possa rappresentare la pietra miliare sulla quale fondare una nuova vita, serena ed agiata, dopo aver voltato le spalle al clan e all’ideologia criminale.
Uno scenario che consegna ai De Micco almeno tre buone ragioni per bramare di uccidere il ras.
La prima: punire le reiterate mancanze di rispetto e gli affronti indirizzati ai vertici della cosca e ad altri fedelissimi al clan, al fine di rafforzarne l’affiliazione e dimostrare al contempo che il clan non è disposto a fare sconti a nessuno.
Il secondo: regolare i conti in sospeso, soprattutto quelli di natura economica, punendo il ras per il raggiro compiuto ai danni del clan, come più volte è accaduto in passato al cospetto di situazioni simili.
Il terzo: scongiurarne il possibile pentimento. Una motivazione diventata particolarmente impellente nelle ultime ore, alla luce del mandato di cattura che pende sul capo del ras, ricercato dalle forze dell’ordine.