Sul clima di calma apparente, finalizzato a camuffare le crepe che intaccano gli equilibri interni al clan De Micco di Ponticelli, aleggia con allarmante insistenza l’ombra dell’epurazione interna.
Ormai il dado è tratto e lo scenario che si è delineato tratteggia un copione che in passato è già andato in scena in circostanze analoghe, quando i De Micco non si sono fatti scrupoli ad impugnare le armi per eliminare affiliati autorevoli, pur di stroncarne le velleità. Un’organizzazione avvezza ad abbattere gli ostacoli, non facendo distinzioni tra alleati e rivali: i nomi di tutti i soggetti intenzionati ad intralciare i piani del clan finiscono nella lista nera.
La crisi interna al clan è in corso da più di due anni, ormai. Da quando il boss Marco De Micco è tornato in carcere, nell’aprile del 2022, dopo appena un anno trascorso a piede libero, il clan di cui è fondatore ha oggettivamente patito la sua assenza. Un vuoto che il boss ha cercato di colmare prima garantendo una certa solidità economica all’organizzazione, nominando come suo successore il broker della droga Ciro Naturale. In seguito agli attriti tra quest’ultimo e i De Martino, sfociati nell’agguato al quale Naturale è miracolosamente sopravvissuto, il clan ha optato per un nuovo assetto puntando su una reggenza condivisa da uno dei fratelli De Micco in stato di libertà per fare in modo che ai vertici del clan ci fosse un soggetto in grado di rappresentare il cognome, una premessa cruciale e imprescindibile per evitare sabotaggi e colpi bassi da parte di affiliati particolarmente ambizioni, affiancato da uno dei fedelissimi del clan scarcerato da poco. Proprio quest’ultimo è finito ben presto nell’occhio del ciclone, mettendosi in evidenza per una serie di comportamenti che hanno suscitato malcontento tra gli altri veterani del clan, già risentiti dal nuovo assetto che ha conferito potere e autorevolezza a giovani affiliati dell’ultima ora con poca esperienza in materia di malavita.
Una serie di episodi hanno concorso a mettere in cattiva luce il ras: le estorsioni a tappeto praticate anche in zone controllate da altri esponenti del clan e indirizzate anche a soggetti che in passato erano esenti dal pedaggio del pizzo, angherie e vessazioni perpetrate facendo leva sullo status di reggente del clan egemone e soprattutto il misterioso furto nel suo appartamento a seguito del quale ignoti avrebbero trafugato un ingente quantitativo di denaro in contante che dovevano confluire nelle casse del clan, provocando un ammanco consistente. Proprio in riferimento a quest’ultimo episodio, l’ipotesi più accreditata negli ambienti malavitosi è quella che indica quel furto come una messinscena voluta per giustificare quella perdita di denaro che, in realtà, il ras avrebbe tenuto per sé. Uno smacco al quale si aggiungono le liti piuttosto accese intercorse con alcuni affiliati al clan residenti nel cosiddetto “Parco di Topolino” e che hanno ulteriormente inasprito i toni.
Il sentore che il ras sia destinato ad andare incontro alla stessa sorte patita da altri esponenti del clan dei “bodo” che hanno pagato con la vita le eccessive ambizioni o gli sgarri indirizzati ai vertici della cosca, si è accentuato all’indomani del recente blitz che lo scorso ottobre ha coinvolto 60 soggetti legati al clan De Micco-De Martino, molti dei quali già detenuti. Un evento che paradossalmente ha concorso a ripulire la scena, creando le circostanze utili al conseguimento di un nuovo assetto all’interno del clan. Non a caso, nelle ore successive al blitz sarebbe stato ufficializzato un clamoroso cambio al vertice che vede l’uscita di scena del chiacchieratissimo ras. Ad affiancare uno dei fratelli De Micco nella coreggenza del clan è un altro fedelissimo scarcerato poche settimane fa.
Dal suo canto, l’ex reggente dei “bodo” starebbe continuando a mettere da parte il maggior quantitativo di denaro possibile, in vista di un arresto che di giorno in giorno diventa sempre più temuto, al pari di un possibile agguato che i De Micco avrebbero interesse a portare a compimento per una serie di ragioni.