Si chiama Vincenzo Coviello, 52 anni, di Bitonto, il bancario che è entrato nei conti correnti di Giorgia e Arianna Meloni, di Andrea Giambruno e di ministri e giudici. E sostiene di averlo fatto non per un complotto contro il governo, ma soltanto perché è «un maniaco del controllo» e che avrebbe effettuato quegli accessi «senza divulgare informazioni a terzi». Sposato e con due figli, nella filiale di Bitonto di Banca Intesa durante il processo disciplinare nei suoi confronti ha sostenuto di non aver più effettuato interrogazioni «da ottobre 2023, dopo il richiamo del direttore» della filiale, ma in realtà avrebbe continuato fino ad aprile scorso. Eppure, non ha mai «scaricato un documento» e non è mai stato il terminale di richieste esterne.
Il reato ipotizzato nei suoi confronti è accesso abusivo ai sistemi informatici e tentato procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato. Gli ufficiali di polizia giudiziaria incaricati dalla Procura di Bari hanno perquisito la casa dell’ex dipendente e sequestrato smartphone, tablet, hard disk e dispositivi informatici diversi che saranno oggetto di verifiche forensi. Il procedimento disciplinare di Intesa nei suoi confronti è scattato quando la banca si è accorta delle sue attività. Ovvero proprio nel momento in cui il direttore della sua filiale ha comunicato l’esistenza di accessi esterni a un imprenditore che è andato a denunciare.
Coviello è conosciuto anche a Bisceglie. Ha lavorato nel distaccamento Agribusiness che fa capo alla filiale di Barletta. Si occupava di credito alle aziende del comparto alimentare. Avendo ufficialmente accesso a conti milionari.
La procura indaga per responsabilità oggettiva anche la banca, secondo la legge 231. Il bancario ha cercato nella banca dati ogni nome che finiva sui giornali. Cercava schede clienti, estratti conto e movimentazioni delle carte di credito. Riuscendo così in teoria anche a ricostruire spostamenti. Nelle ricerche ci sono praticamente tutti i parlamentari, visto che Intesa offre il servizio ai deputati. Tra gli spiati Ignazio La Russa, il ministro Guido Crosetto, sua moglie Graziana Saponaro. Ma anche di Di Battista, Di Maio, Fitto, Letta, Renzi o Nichi Vendola. E ancora: ci sono Totti, Al Bano, Luisa Ranieri, Domenico Arcuri, Giuliano Amato, Paola Egonu, Calenda, Bonolis, Decaro, Pietro Paolo Virdis, D’Alema, Zucchero Fornaciari.
Secondo chi lo ha conosciuto a scuola era «un ragazzo onestissimo, molto educato». Figlio di un sarto di Bitonto, secondo il Corriere della Sera, aveva una particolarità: «Chiedeva sempre informazioni sugli altri. In un modo da classico ficcanaso. Che però non lasciava intravedere niente di diverso dalla curiosità». Dopo il licenziamento ha ripreso a lavorare come commercialista, fino a pochi giorni fa andava tutte le mattine all’edicola per leggere il Corriere e il Sole 24 Ore.
Nella sua difesa Coviello ha spiegato che il primo accesso abusivo, quello della moglie del cognato, lo ha effettuato perché ha sbagliato a digitare «nell’ambito delle verifiche del plafond delle carte dei clienti». «Ho rispettato tutte le regole della privacy», ha aggiunto. E si è mosso «senza alcun interesse o fine personale». A maggio ha cambiato versione. Sostenendo di aver agito per «mera curiosità». Poi ha prodotto la relazione dello psicologo che certifica il suo disturbo da adattamento misto. Ovvero disturbi emotivi e della condotta. Nei confronti di un coetaneo Coviello ha effettuato 310 accessi. Poi ha detto di non conoscerlo e di non ricordarne il motivo. Poi si è impicciato di uno che portava il suo stesso cognome e ha ficcato il naso nel conto di un primario del Policlinico di Bari che lo ha denunciato dando il via all’indagine.
Coviello è entrato nei conti correnti di Giorgia e Arianna Meloni, di Andrea Giambruno e di ministri e giudici. Tra i soggetti spiati c’è anche sua madre. I cui rapporti sono stati continuamente interrogati senza avere deleghe.
Ha detto di soffrire di un disturbo di adattamento misto. E di essere un maniaco del controllo. Per provarlo davanti alla commissione disciplinare di Banca Intesa Vincenzo Coviello ha prodotto la relazione di uno psicologo. Il bancario che è entrato nei conti di politici, uomini delle istituzioni e vip non ha trattenuto o scaricato dati. E sostiene di aver fatto tutto solo per curiosità. Tuttavia, nell’audit prima del licenziamento ha sicuramente mentito, perché ha detto di aver smesso di accedere ai database e alle banche dati a ottobre 2023, dopo il primo richiamo del direttore della sua filiale di Bisceglie. E invece gli accessi registrati compaiono fino ad aprile 2024. Per questo la procura adesso vuole vederci chiaro. E cerca complici e mandanti.
Coviello, spiega Repubblica, interrogava solitamente tre banche dati. La prima permette di accedere a informazioni sintetiche come la presenza di prestiti, finanziamenti e patrimonio mobiliare. E riguardava anche non clienti di Intesa San Paolo. La seconda è quella degli estratti conto. La terza è quella delle carte di credito con i dettagli di tutte le operazioni, oltre alla possibilità di mappare più o meno in tempo reale la posizione dello spiato. Va segnalato che molti accessi arrivavano in concomitanza o subito dopo che i giornali avevano parlato del soggetto. È successo nel caso del procuratore antimafia Giovanni Melillo e del comandante generale della Guardia di Finanza Andrea De Gennaro. Questo potrebbe essere un indizio del fatto che a muoverlo erano solo la curiosità o il voyeurismo.