E’ un quadro sconcertante, quello che emerge dalle oltre mille pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che all’alba di giovedì 3 ottobre ha fatto scattare le manette per 60 soggetti contigui al clan De Micco-De Martino, molti dei quali erano già detenuti.
Un’ordinanza che ricostruisce gli affari illeciti e gli episodi salienti avvenuti sul fronte De Micco-De Martino negli anni 2021/22, nel periodo di tempo compreso tra la pandemia e le prime fasi di “ritorno alla vita”, quando la gente comune, a timidi passi, cercava di tornare a praticare la routine quotidiana, lasciandosi alle spalle l’incubo dell’emergenza coronavirus. Lo spaccio di stupefacenti si conferma il core business dell’economia criminale ponticellese, anche durante il lockdown, malgrado le limitazioni imposte dall’emergenza covid, le piazze di droga del quartiere hanno lavorato a pieno regime. E poi le estorsioni, gli agguati, i furti di auto che si confermano una “specialità” degli affiliati al clan De Micco, e gli altri affari illeciti: il contrabbando di TLE, la gestione delle imprese di pulizie e soprattutto la compravendita delle case popolari. Le intercettazioni che ricostruiscono il sistema che consente da tempo immemore al clan De Martino di guadagnare migliaia di euro vendendo gli alloggi di edilizia popolare, confermano il ruolo ricoperto da Vincenzo Sollazzo, ampiamente descritto nei mesi scorsi negli articoli pubblicati dalla direttrice di Napolitan.it. Il consigliere della VI Municipalità di Napoli, residente nel rione Incis e gestore di un caf nel rione Conocal, risulta perfettamente inserito negli affari del clan e viene ripetutamente menzionato da vari affiliati coinvolti nelle vendite degli alloggi. Particolarmente emblematica la frase pronunciata da Giovanni Braccia, figura apicale del clan De Martino: “Io e Enzuccio (Vincenzo Sollazzo, ndr) facciamo questo da una vita”, proprio a voler sottolineare il rapporto consolidato che gli consente di gestire il business illecito con la complicità del consigliere.
Inoltre, il clan De Micco conferma la capacità di attecchire anche in affari meno in auge tra gli altri clan operanti sul territorio, come le scommesse clandestine. In perenne ascesa il ruolo delle donne, sempre più addentrate nelle dinamiche malavitose e ben inserite negli affari dei compagni o dei familiari. Madri, sorelle, fidanzate, mogli che mirano a ricoprire un ruolo sempre più attivo negli affari illeciti, lo spaccio di stupefacenti in primis.
Le indagini degli inquirenti hanno chiarito anche il ruolo dei fratelli Russo, titolari della barberia “Lo stilista”, vero e proprio covo del clan De Micco, messo a disposizione del boss e dei gregari per incontri, riunioni e summit. In carcere sono finiti anche Giovanni e Ciro Russo, i fratelli maggiori di Giuseppe, arrestato nell’aprile del 2022 insieme al boss Marco De Micco e agli altri affiliati accusati di aver partecipato all’omicidio di Carmine D’Onofrio, figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa. L’arresto di Giuseppe Russo junior destò notevole scalpore, in quanto ritenuto un bravo ragazzo dagli abitanti del quartiere. Un arresto che ha funto da preludio e che alla luce del provvedimento notificato agli altri due fratelli Russo, pochi dubbi lascia in merito alle dinamiche che si sono avvicendate in quel salone di parrucchiere da uomo e che si sono spinte ben oltre una semplice tosatura di barba e capelli. Decine di fotogrammi hanno immortalato gli incontri che avvenivano nel salone tra il boss Marco De Micco e i suoi affiliati, ma anche soggetti legati ad altri clan, come Pasquale Ronza detto calimero, genero di Domenico Amitrano, il ras che dopo il blitz che decapitò il clan De Micco nel 2017 passò dalla parte dei rivali del clan De Luca Bossa. Quel fotogramma dimostra che l’ennesimo cambio di casacca, in casa Amitrano, potrebbe essere avvenuto prima dei fatti recenti che hanno decapitato l’alleanza in cui confluiva anche il clan del Lotto O. Emblematici anche gli incontri con alcuni gestori delle piazze di droga più redditizie del quartiere, come Pasquale Tarallo alias ‘a ceccia, che da decenni gestisce una piazza di droga nell’isolato tre del rione De Gasperi e proprio per questo, alla vigilia del blitz, è finito nel mirino dei “pazzignani” radicati tra l’isolato 10 e 15.
Uno degli aspetti più drammatici è senza dubbio il destino che il clan ha riservato alle giovani leve. Giulio Fiorentino è quello che ha pagato il prezzo più alto: assassinato in un agguato di camorra in veste di manovale del clan De Martino, ha pagato con la vita pochi mesi di affiliazione, nell’ambito di una faida di camorra che riguardava gli interessi delle figure apicali delle organizzazioni operanti sul territorio. I dialoghi intercettati ricostruiscono nitidamente il disegno criminale ordito dalla famiglia De Martino all’indomani del blitz che rimaneggiò il clan De Micco, pur di continuare ad alimentare le logiche di una guerra che sapeva non essere in grado di vincere, la cosca assoldò giovani totalmente inesperti in materia di malavita. Pecore mandate letteralmente al macero, soggiogati da false speranze e finte promesse e poi finiti sottoterra o in carcere ad elemosinare qualche centinaia di euro al boss che abilmente dribblava le richieste. Significativo il dialogo in cui emerge la necessità del giovane Salvatore De Martino di noleggiare una moto a discapito della “settimana” da corrispondere al detenuto Pietro Frutto. Lo stesso Salvatore De Martino appare un giovane incapace di appagare le aspettative che i familiari ripongono in lui. Pur non disponendo della caratura criminale dei fratelli Antonio e Giuseppe, al pari di quella dei genitori, Salvatore sembra costretto a vivere una vita che non gli appartiene, perfino spazientito dall’ossessiva necessità di sfoggiare delle doti camorristiche che palesemente non possiede. Ancora più surreali, gli insulti dei genitori che commentano con stizza e disappunto i suoi “insuccessi professionali”, quando si dichiara incapaci di reperire armi.
Anche in quest’ordinanza, gli interpreti della camorra ponticellese confermano di seguire con interesse le notizie pubblicate su Napolitan.it e manifestano non poco disappunto quando scoprono che le loro malefatte sono finite online.