Consapevoli di essere attenzionati dai rivali del clan De Micco che potrebbero approfittare di un passo falso o di una leggerezza per colpirli, i D’Amico restano rintanati nella loro roccaforte, il rione Conocal di Ponticelli, anche nel rispetto delle direttive impartite dalle carceri in cui sono recluse le figure apicali del clan. Una politica che mira prettamente ad adottare un profilo bassissimo per preservare l’equilibrio che marca la scena camorristica contemporanea, in vista delle scarcerazioni imminenti: quella di Giuseppe Riccardi, compagno di Carla D’Amico, e soprattutto quelle di Salvatore Ercolani e Genny “fraulella”, rispettivamente marito e primogenito di Annunziata D’Amico, la 40enne uccisa in un agguato di matrice camorristica dai rivali del clan De Micco, il 10 ottobre del 2015, quando ricopriva il ruolo di reggente del clan di famiglia.
Un agguato che ha sancito un perentorio punto di non ritorno, stravolgendo gli equilibri, interni ed esterni, al clan D’Amico. Una vicenda legata a un passato tornato ricorrente più che mai negli ultimi tempi, proprio in vista delle premesse che accompagnano le scarcerazioni degli uomini di casa D’Amico che hanno una motivazione ulteriore per entrare in contrasto con i De Micco e che esula dagli interessi strettamente correlati alla gestione degli affari illeciti: mettere a segno il piano finalizzato a pareggiare i conti con i rivali, vendicando la morte della leader del clan dei “fraulella”.
Viene da sé che alla luce del tempo trascorso in vista dell’atteso momento in cui il clan avrebbe potuto mettere la firma su una vendetta desiderata e invocata da ormai dieci anni, la priorità delle reclute rimaste a rappresentare i D’Amico è sventare il concretizzarsi di ogni possibile azione che possa mandare in frantumi i piani del clan, andando ad aggravare la posizione degli affiliati reclusi e in procinto di tornare in libertà.
Una strategia che mira a favorire il perdurare del clima di calma silente subentrato ormai da diverse settimane per non attirare le forze dell’ordine, ma anche per sventare un possibile attacco dei rivali che potrebbe rimaneggiare il clan di per sé già decimato. In questo clima, ogni pedina è cruciale e può fornire un supporto prezioso e pertanto i gregari rimasti a rappresentare il clan seguono le direttive impartite dal clan: restano arroccati nel loro fortino, protetto dall’occhio vigile di dozzine di videocamere.
Il rione Conocal è blindato e sorvegliatissimo, grazie al supporto di sofisticati sistemi di videosorveglianza dissipati in punti strategici e che assicurano un’ampia visuale dell’intera zona che cintura il fortino dei D’Amico, consentendo un monitoraggio costante ed efficiente della zona, utile a intercettare anzitempo un’eventuale incursione dei rivali. Un pericolo tutt’altro che astratto, alla luce del recente avvertimento indirizzato all’attuale reggente dei “fraulella” che si è visto recapitare alcuni proiettili sulla finestra della propria abitazione. “Un avvertimento nell’avvertimento”, considerando che solo una persona poteva destreggiarsi con una certa dimestichezza tra gli androni di quei palazzi, identificando la finestra esatta dove tracciare quella minaccia esplicita: il parente dei D’Amico passato alla corte dei rivali, di recente. Un cambio di casacca clamoroso e inaspettato che ben legittima il clima di apprensione che si respira nel Conocal. Proprio per questo motivo, all’indomani di quell’episodio, le figure apicali del clan avrebbero optato per una soluzione utile ad accrescere le misure di protezione finalizzate a sventare possibili incursioni dei rivali, provvedendo a sostituire il cancello d’ingresso e fornendo a ciascun nucleo familiare residente nell’edificio un duplicato della chiave, raccomandandogli di non utilizzare mai il citofono per aprire il portone. L’ennesima circostanza che sottolinea il clima di incertezza che campeggia nel Conocal, all’indomani del tradimento di un parente. I D’Amico sono consapevoli che i rivali potrebbero trarre il massimo beneficio dalle informazioni di cui dispone quel prezioso innesto per chiudere la partita con i rivali e, ancora peggio, chiedergli di adoperarsi in prima persona in tale senso per conferire al suo nuovo clan d’appartenenza una prova tangibile di fedeltà.
Motivo per il quale i D’Amico mirano principalmente a difendersi, uniti e coesi nel loro fortino, sempre più blindato, in attesa dell’ormai imminente resa dei conti.