«Falcone e Borsellino erano due caratteri diversi, due persone che non si somigliano che avevano in comune l’intelligenza e l’onestà. Erano due fuoriclasse, che capivano le cose 20 anni prima degli altri. Nella migliore delle ipotesi, l’invidia è una brutta bestia e non ci possiamo fare niente». Così il procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, conversando con i giornalisti a margine del convegno dal titolo “Incontro di studio per il contrasto al narcotraffico internazionale, in onore di Giovanni Falcone”, lo scorso 25 maggio, al palazzo di giustizia di Palermo.
«I giornali dell’epoca sono pieni di queste storie. Quanta tristezza, quanta amarezza, quanti rospi – ha proseguito Gratteri – hanno dovuto ingoiare. Borsellino veniva chiamato normalmente fascista, poi dopo morto diventarono tutti suoi amici. Falcone, dissero, si era messo la bomba la bomba lì, si è inventato questo e quell’altro, poi non è stato appoggiato al Csm da quelli che poi sono andati a dire che Falcone era rimasto solo, che Falcone meritava – dopo morto – di essere presidente della Repubblica o cos’altro di importante. Poi tutti erano amici di Falcone. Purtroppo i morti non possono parlare ma noi, se riteniamo di essere onesti e per bene e liberi, dobbiamo parlare anche in difesa dei morti».