Dietro la vendita di capi d’abbigliamento e prodotti da vario tipo in diretta su facebook, si cela un modo sommerso, completamente illecito e che vede la camorra mostrare il suo volto più sfrontato e violento. Merce di dubbia provenienza, capi d’abbigliamento di noti brand venduti a prezzi bassissimi infliggendo un colpo durissimo agli esercenti che espongono quella stessa merce nei loro negozi e pertanto costretti a subire la concorrenza a dir poco sleale del clan, ma per la camorra di Ponticelli non è abbastanza.
Assodato che ci sono la moglie dell’attuale reggente del clan De Micco e sua cugina a capo del business avviato da più di un anno e che quotidianamente produce un guadagno netto di svariate migliaia di euro, così come dimostrano in maniera inequivocabile i tanti video presenti sui social e che ritraggono le due donne intente a vendere capi d’abbigliamento per bambino, ma un’altra conferma del coinvolgimento del clan nella gestione dell’ennesima attività illegale deriva dal trattamento riservato ai commercianti di Ponticelli e dei comuni limitrofi, rivenditori autorizzati degli stessi brand sui quali le donne dell’organizzazione hanno investito.
Intimidazioni, minacce esplicite, estese soprattutto ai loro figli, manifestando la concreta possibilità di fare del male ai loro cari, qualora avessero osato “giocare al ribasso” applicando prezzi inferiori a quegli stessi capi venduti dalle due donne illegalmente: anche questo hanno dovuto subire i commercianti, molti dei quali hanno perfino paura di pronunciare il nome del boss per conto e in nome del quale hanno ricevuto quel violento avvertimento e pertanto mostrano un articolo di giornale in cui viene riportata la notizia della sua recente scarcerazione. E’ questa l’immagine più esemplificativa del clima di paura che campeggia tra le gente comune, costretta a vivere braccata nella morsa della camorra.
Negozianti che devono fare i conti con gli affitti, le utenze e mille spese da saldare a fine mese e che già per questo non potrebbero permettersi di praticare alla merce esposta prezzi inferiori a quelli previsti anche in regime di saldi, ma che ciononostante si sono visti imporre con le cattive maniere ogni possibilità di avviare qualsiasi iniziativa finalizzata a tamponare quell’emorragia di clienti scaturita proprio dalle vendite low cost da parte delle donne riconducibili al clan De Micco.
Non solo minacce verbali, ma anche pedinamenti e in alcuni casi anche pestaggi e spedizioni punitive finalizzate a rimarcare il concetto e consentire alle venditrici del clan di spuntarla senza doversi preoccupare dei competitors. Nella morsa del clan sarebbero finiti la maggior parte dei negozi di abbigliamento per bambini, non solo di Ponticelli, ma anche dei comuni di Cercola e Volla, ma anche mercerie e altre attività commerciali dedite alla vendita di prodotti affini a quelli inclusi nel nuovo giro d’affari della camorra. Alcuni esercenti hanno addirittura preferito rinunciare alla vendita dei capi di quei brand finiti nel mirino del clan, pur di uscire da quell’incubo.
Un vero e proprio calvario che ha sfiancato e logorato soprattutto psicologicamente i commercianti finiti nel mirino del clan. Alcuni di loro raccontano di aver letteralmente cacciato alcuni clienti dal negozio, nei momenti in cui temevano di essere spiati per paura che i loro aguzzini potessero ipotizzare che fossero riusciti a portare a compimento delle vendite applicando sconti significativi sui prezzi esibiti sul cartellino e che pertanto avrebbero potuto attuare le minacce che gli avevano indirizzato. Inoltre, le donne del clan sono riuscite puntualmente a rifornirsi delle nuove collezioni in netto anticipo rispetto ai rivenditori autorizzati: in pieno inverno, mentre nei negozi incalzavano i saldi invernali, erano già in grado di proporre capi primaverili ed estivi, praticando oltre il 70% di sconto. Lo stesso copione è andato in scena in estate, bruciando sul tempo gli esercenti che non avevano ancora neanche allestito le vetrine autunnali ed invernali, mentre le donne del clan erano già in grado di promuovere la vendita di capi più consoni ad affrontare i mesi più freddi, sempre a prezzi scontatissimi. In vista del ritorno a scuola, la vendita ha riguardato anche i gadget originali di noti brand a prezzi anche più bassi rispetto a quelli applicati alla versione contraffatta della stessa merce.
Commercianti, lavoratori e lavoratrici oneste, costretti a vivere in un perenne stato di ansia e paura, enfatizzato soprattutto dai video espliciti, pubblicati dalle due donne a capo dell’organizzazione e finalizzati a rilanciare minacce e intimidazioni, ma anche a schernire e denigrare i loro competitor attraverso l’ostentazione dei guadagni ottenuti anche facendo leva sulle loro fragilità e sul loro status di “donne di camorra”.
Impossibile stimare il danno economico arrecato alle attività commerciali diversamente minacciate dalla camorra che pur non chiedendo una tangente è riuscita a penalizzare ugualmente i negozianti dediti alla vendita autorizzata di quelle merce per privilegiare il business illegale sul quale hanno investito.